|
ITALIANI, “popolo di santi, poeti, navigatori” [1]… e tifosi
appassionati del più grande sport nazionale. Nonostante le differenze regionali,
motivo di arricchimento nell’ottica di una cultura inclusiva e di
interrelazione, una passione da sempre caratterizza la vita sociale e sportiva
degli italiani: la fede calcistica nella sua versione locale e aggregativa dei
singoli team sportivi cittadini prima, nella sua celebrazione dell’identità
nazionale poi. La passione per il calcio contraddistingue una grandissima parte
della popolazione del Bel Paese e spinge il tifoso a trasferte nazionali e
persino internazionali per puro amore della sua squadra del cuore. La
globalizzazione odierna, la TV satellitare, le versioni online della stampa
internazionale e in particolare dei quotidiani sportivi, l’accesso streaming
alle partite e ai campionati stranieri, la diffusione di informazioni attraverso
siti internet, l’inclusione e la partecipazione collettiva promossa dai social
network e dai fan club, moltiplicano le opportunità di condivisione e scambio di
opinioni tra tifosi. Si manifesta allora la necessità di sviluppare un lessico
comune che renda agevole e trasparente la comunicazione tra persone di diversa
origine geografica, linguistica e culturale.
Parlare la stessa lingua in relazione a un
determinato contesto implica due fondamentali requisiti: una conoscenza basilare
delle strutture comunicative e una buona padronanza del vocabolario specifico
del settore. Per questa ragione, un piccolo excursus nel lessico del calcio sarà
utile per chi desidera seguire le gesta, [2] quantomeno
europee, della propria squadra preferita o per chi è semplicemente curioso di
conoscere neologismi o parole inglesi divenuti ormai di uso comune anche nella
lingua italiana, come “assist”,
“goal”, “corner”, “dribblare”, “crossare”, e via dicendo.
Un primo esempio riguarda l’origine della sinonimia
tra football e
soccer, due termini diversi che due
varietà di inglese (UK/USA) usano per indicare uno stesso sport [3] e che hanno
un altissimo indice di comprensibilità internazionale, sebbene
football sia presente in un maggior
numero di lingue con un più alto numero di occorrenze [4]. Il primo
uso del termine football, composto di
foot, ‘piede’, e
ball, ‘palla’, risale a un decreto del
1424 in cui il re Giacomo I di Scozia bandiva il gioco con la frase: «That na
man play at the Fute-ball» [5], ‘nessun uomo giochi a football’.
La parola, come tanti altri termini sportivi, entra in Italia verso la
fine del XIX secolo, dando vita a tutta una serie di anglicismi il cui uso era
notato e spesso criticato. La voce viene assimilata come denominazione inglese
«per indicare un antichissimo giuoco italiano che si chiamava Giuoco del Calcio.
[…] Distinguono il rugby e l’association, due modi di giocare al
calcio, questo più costumato e civile, l’altro fiero e violento nella gara di
vietare l’accesso al pallone» [6]. Il suo
equivalente italiano ‘calcio’ proviene dal latino
calx, calcis, ‘calcagno’, ad indicare una
percossa data con il piede [7]. La parola
era però anche utilizzata come «nome d’un giuoco proprio e antico della città di
Firenze, a guisa di battaglia ordinata, che si fa con una palla a vento (...).
Così detto perché in certi luoghi di Tosc[ana] davasi al pallone o col calcio
soltanto o con questo e col pugno [8]». Il gioco,
nelle sue varie forme, risale a tempi antichi, ma lo sport sembra essere
diventato un’ossessione nazionale intorno al 1630 in Inghilterra, patria del
calcio moderno, tanto che venne aspramente criticato, poi proibito e bandito
come passatempo “demoniaco” e “sanguinario”. Evolutosi dai tempi in cui veniva
giocato nei villaggi in occasione di festeggiamenti popolari, violentemente e
senza regole, divenne popolare nelle città, nei pub e nelle taverne che
sponsorizzavano partite amatoriali con premi di varia natura. Si diffuse poi
nelle public schools, ‘scuole
superiori private’, tra i giovani dei college privati, nelle università, su
campi di cricket e spazi ampi adatti alle partite, dando vita a una certa
varietà nelle modalità di gioco, visto che non erano ancora state stabilite
regole precise. Il primo regolamento ufficiale fu infatti stilato nel 1848 a
Cambridge dai rappresentanti delle varie istituzioni (revisionato poi nel 1856 e
nel 1863), e si diffuse sul territorio dando vita a versioni più o meno simili
allo sport che conosciamo oggi. Nel 1857 viene fondata la prima società di
calcio della storia, lo Sheffield Football
Club che con le sue Sheffield
Regulations diede una spinta decisiva per la definizione di quelle regole
che conosciamo oggi. La prima partita di calcio della storia risale
tradizionalmente al 1860, tra lo Sheffield
Football Club e l’Hallam Football Club.
Il 26 ottobre 1863, venne fondata a Londra la Football Association
(FA), la prima federazione
calcistica nazionale che unificò definitivamente il regolamento, fissando le
misure del campo, definendo il numero dei giocatori e la condotta sportiva, la
durata delle partite, il fuorigioco, la nomina degli arbitri, e stabilendo in
maniera univoca e risolutiva che i piedi erano le uniche parti del corpo con le
quali si poteva colpire la palla, permettendo così l’uso delle mani solo quando
si voleva bloccare un tiro libero chiaramente indirizzato in porta. Queste
regole furono adottate da tutti eccetto che dalla Scuola
di Rugby che preferiva un gioco più fisico in cui si potesse toccare
il pallone anche con le mani. Si produsse così la divisione che sancì la nascita
ufficiale del rugby.
Questa è anche la ragione per cui si
venne a creare il termine soccer,
entrato a far parte dello slang universitario
come abbreviazione di Assoc., da Association football, con formazione
agentiva –er (come anche in
rugger da
rugby, footer da
football), per distinguerlo dal
Rugby football [9]. L’uso del
termine rugby si registra per la prima
volta nel 1864, come eponimo della scuola dove
si era sviluppato in principio il gioco, nella città di Rugby in
Warwickshire, e si consacra definitivamente con la fondazione della
Rugby Union nel 1871. Originariamente, il luogo si riferiva a una rocca fortificata
chiamata Rocheberie (1086), dal nome di
Hroca,
‘signore del luogo’, o dal sostantivo hroc (OE
rook, ‘torrione del castello’), più il
secondo elemento burh
(OE) divenuto poi –by, ‘villaggio’,
per influenza dei coloni danesi.
La maggior parte del lessico calcistico si è creato
attraverso processi di formazione che hanno dato luogo a un’ampia gamma di
vocaboli che definiscono la lingua del settore (il modo di giocare, la tipologia
dei tiri e dei giocatori, le penalità da assegnare, i giudici e i membri delle
organizzazioni sportive, ecc.) e che continuano ogni giorno a formare neologismi
e giochi di parole, prendendo a prestito dalla lingua comune o arricchendola di
nuovi termini. Un primo passo da fare per cercare di acquisire il linguaggio
specialistico del calcio è quello di analizzare proprio quelle parole che più
spesso ricorrono nella comunicazione del settore [10]. Un esempio
interessante è rappresentato dalle denominazioni dei calciatori, caratterizzate
per lo più dal suffisso agentivo –er. In generale, esistono quattro tipi di giocatori: il
‘portiere’,
goalkeeper, colui che tiene (to keep) la ‘porta’ (goal) libera dai tiri avversari; l’‘attaccante’, chiamato
forward (letteralmente ‘avanti’) o striker (dal verbo
to strike, ‘colpire, attaccare’) o hitman, composto di hit, ‘colpire’, e
man, ‘uomo’; il
‘centrocampista’,
midfielder, composto di
mid(dle), ‘centro, nel mezzo’, e
field, ‘campo’; il
‘difensore’,
defender, dal verbo
to defend, ‘difendere, proteggere’. I ruoli possono essere ulteriormente
definiti sulla base della loro posizione o funzione sul campo: ‘ali’,
wingers; ‘ala destra’, right wing;
‘ala sinistra’,
left wing; ‘centravanti’, centre
forward; ‘terzino’,
full-back (letteralmente
‘dietro’);
‘terzino destro’, right back; ‘terzino sinistro’,
left back; ‘libero’,
sweeper (dal verbo to sweep, ‘spazzare via’, usato nello sport negli anni ‘60 con il senso figurato di
vincere gli avversari in gioco).
Insieme ai protagonisti del
calcio attivi in campo, si vengono a delineare figure manageriali o di controllo
deputate a ruoli esterni al gioco, ma certamente non marginali nell’ambito del
business sportivo. L’equivalente di
‘arbitro’, referee, ha origine
colloquiale dal verbo to refer,
‘riferire’, dal latino referre, più il
suffisso agentivo di persona –ee. Si
usava intorno al 1620 per indicare coloro che avevano il compito di esaminare le
domande per ottenere licenze e permessi burocratici di vario genere, ma intorno
al 1820, acquista per estensione il significato sportivo di ‘colui che
riferisce sull’applicazione delle regole di gioco’, dando vita all’abbreviazione
Ref., e al sinonimo americano
whistleblower, composto di
whistle, ‘fischietto’ (dalla radice
protogermanica *khwis, onomatopeico, poi usato in
Middle English per imitare il verso dei serpenti) e
blower, da
blow, ‘soffiare’, con suffisso agentivo –er. All’inizio del XX secolo, nascono anche il ‘quarto uomo’, fourth official, e il ‘guardalinee’,
assistant referee o linesman (lett. ‘uomo addetto alle
linee’ di delimitazione del campo) che inizialmente erano dei rappresentanti
delle due squadre in campo scelti per controllare che l’arbitro fosse imparziale
e corretto. Il termine ‘allenatore’ presenta una certa varietà di equivalenti
come coach,
manager
o
trainer, sebbene in
italiano ricorra costantemente il termine
Mister, utilizzato per indicare il ‘direttore tecnico’ di una squadra di
calcio, «uso che risale alle origini della storia del calcio, quando
l’allenatore era spesso un inglese» [11]. Il sostantivo
coach, ‘carrozza, grande carro’, arriva in Inghilterra intorno alla metà del 1500 dal
francese coche, modificato dal tedesco
kotsche,
a
sua volta importato dall’ungherese kocsi
(szekér), ‘carro di Kocs’, il nome del
villaggio dove fu costruito questo tipo di carro per la prima volta nel XV
secolo [12].
Successivamente,
compare l’omonimo verbo to coach,
‘portare in carrozza’, risalente intorno al primo
decennio del XVII
secolo. L’accezione di ‘istruttore, educatore, allenatore’ si deve
intorno al 1830 allo slang degli studenti dell’Università di Oxford che
utilizzarono il termine per indicare il tutor che preparava gli allievi per gli
esami, portandoli metaforicamente fino alla fase finale. La parola inglese
manager, dal verbo
to manage [13],
‘amministrare, dirigere, gestire, organizzare’, è usata in italiano per indicare
non solo l’allenatore, ma anche l’agente degli atleti (agent) o i dirigenti della società
sportiva. La parola proviene verosimilmente dal verbo italiano ‘maneggiare,
controllare un cavallo’ (dal latino manus, ‘mano’), poi influenzato dal francese
manège,
‘equitazione’ (ingl. horsemanship), da
cui anche ‘maneggio’ (ingl. riding stable).
Il termine, molto produttivo in diverse lingue europee, si è poi esteso in altri
settori e ha dato origine all’aggettivo
managerial, ‘manageriale’, ai sostantivi
management, ‘controllo e
gestione’, e managery,
‘amministrazione domestica’ (ora obsoleto). La parola
trainer si evolve dal latino *traginare, forma
estesa di *tragere, ‘tirare’,
back-formation da
tractus, participio passato di trahere. Il
verbo to train assume il significato
di ‘istruire, insegnare’ intorno al 1540, probabilmente dall’originale senso di
‘tirar fuori, manipolare al fine di creare la forma desiderata’, utilizzato
nella crescita di rami, vitigni e coltivazioni varie.
Per quanto
riguarda il lessico relativo al campo di gioco, da notare innanzitutto la
sinonimia tra field e pitch. Il primo termine ha una lunga
storia: dal protogermanico *felthuz, ‘terra piatta’, radice PIE *pele, si risale all’Old English folde [14], ‘terra’, e
feld, ‘pianura, campo, zona di terra
all’aperto usata per il pascolo’ (in opposizione a
woodland). Accanto ad esso, si contrappone l’uso prettamente britannico di
pitch, parola plurisemantica derivata
dal latino pic-, pix, ‘pece, catrame, sostanza
resinosa’, dalle cui caratteristiche si sono poi evolute le varie voci: ‘tono’
(musica); ‘lancio, tiro’, wild pitch,
‘tiro pazzo’ (sport, originariamente dal baseball); ‘beccheggio’ (nautica);
‘inclinazione, pendenza’ (geologia); ‘passo dell’elica’ (meccanica);
‘promozione, parlantina pubblicitaria a fini commerciali’ (comunicazione);
pitch-and-putt, ‘minigolf’;
to pitch a tent, ‘piantare la tenda’;
fever pitch, ‘grande eccitazione’;
perfect pitch, ‘orecchio assoluto’;
pitch black, ‘buio pesto’;
pitch dark, ‘oscurità totale’.
Il primo impiego
scritto della voce goal,
lett. ‘traguardo, obiettivo, scopo’,
si attesta intorno al 1530, ma la sua
etimologia rimane incerta, forse dall’Old
English *gal, ‘ostacolo, barriera’. Il sostantivo
appare anche in un poema del XIV secolo, assume l’accezione di ‘limite, confine’
ed è usato nella terminologia dei giochi fin dal secolo XVI [15]; “per qualche tempo si adoperò come
sinonimo di porta” [16], poi il
termine si è consolidato, resistendo a ogni sostituzione (la più ricorrente è
‘rete’) [17]. Numerosi
sono i composti derivati da questo termine:
goal area, ‘l’area di porta’; goal line, la
‘linea di porta’ (football) e ‘linea di meta’ (rugby);
goalpost, il ‘palo’ della porta;
goal scorer, il ‘cannoniere’ e
top goal scorer, il ‘capocannoniere’;
goal kick, ‘rimessa da fondo campo’;
penalty goal, ‘goal su rigore’.
Match,
‘partita’, nasce dall’originario significato di ‘colui che è pari a noi,
uguale’, dall’antico inglese mæcca,
‘metà di una coppia, moglie, marito’, da cui il verbo
to match ‘unire, appaiare’, ma anche
‘compagno, amico, chi ci è pari per grado, abilità, affinità’, da cui
l’accezione matching adversary,
‘persona in grado di competere con avversari di pari abilità’, e le collocazioni
to draw,
win,
lose a match, rispettivamente,
‘pareggiare, vincere, perdere una partita’, e
to lead the match, ‘condurre la
partita’.
League, ‘serie’, si è
evoluto dall’originale significato di ‘alleanza’ preso dal francese
ligue, ‘confederazione’, a sua volta
acquisito dall’italiano ‘lega’ di derivazione latina (ligare, ‘legare’). In principio, il
termine venne applicato alle alleanze tra Paesi e nazioni per poi estendersi
alle associazioni politiche nel 1846 e alle associazioni sportive intorno al
1880.
Sono moltissimi i termini del lessico calcistico che
hanno subìto un processo di conversion.
Tra questi, assist (da cui
assistman, ‘uomo-assist’) viene
acquisito in italiano nella sua forma inglese quando è usato come sostantivo,
mentre la voce verbale viene tradotta con l’espressione ‘fare un assist’;
dall’originale significato di ‘assistere, prestare assistenza’, il termine passa
a indicare in questo settore un’azione di gioco con cui un giocatore mette un
suo compagno di squadra in condizioni di realizzare un goal, in particolare il
passaggio smarcante che consente di segnare [18].
Altri termini interessanti usati con particolare
frequenza sulla stampa sportiva inglese sono:
bar, ‘traversa’; bench, sostantivo ‘panchina’, verbo ‘mandare, tenere in
panchina’, da cui bench-warmer, voce
americana informale per ‘riserva, panchinaro’, letteralmente ‘scaldapanchina’, e
l’espressione on the bench, ‘in
panchina’; stretcher, ‘barella’;
book, ‘ammonire, ammonizione’,
letteralmente ‘registrare sul taccuino delle ammonizioni’;
defeat, ‘sconfitta’, ‘sconfiggere’ (sinonimo del verbo
to beat, ‘battere, vincere’), da cui
crushing defeat, ‘disfatta’;
dive, ‘tuffo, tuffarsi, fare un
tuffo’; to duck, ‘schivare il colpo,
scartare, piegarsi per schivare’; head,
‘testa, colpire di testa’; kick,
‘calcio, calciare, colpire con il piede’, da cui
bicycle kick, rovesciata, sforbiciata, drop kick, ‘calcio di rimbalzo’, free kick, penalty kick, ‘calcio di punizione’, assegnato
dopo un foul, ‘fallo’,
kick-off, ‘calcio d’inizio’;
score, ‘punto, punteggio’, ‘segnare,
fare goal’, da cui anche scorer,
‘marcatore’, box score, ‘tabellino
sportivo con punteggi e statistiche’, to
even the score, ‘pareggiare il punteggio’,
to keep score, ‘tenere il punteggio’, mean score, ‘punteggio medio’, score sheet,
‘pagina dei risultati sportivi’,
scoreboard, ‘tabellone segnapunti’,
scoreline, ‘risultato parziale o finale’,
scoring duck, ‘segnare dopo aver
schivato gli avversari’; sideline, ‘linea di demarcazione del campo’; offside, ‘fuorigioco’; penalty area, ‘area di
rigore’ e penalty spot, ‘dischetto del
rigore’; alcuni verbi di movimento come to move, ‘muoversi, spostarsi sul campo’,
to
pass, ‘passare la palla’,
to
save, ‘parare il pallone’ o ‘salvare
un’azione dal goal’, to shoot, letteralmente ‘sparare’, usato nel
gergo sportivo con il significato figurato di ‘tirare una cannonata, segnare’ (sostantivo
shot, ‘tiro in porta’), to tackle, ‘placcare,
contrastare’, to back off,
‘arretrare’, ward off o
drive back, ‘respingere’,
to glide, ‘scivolare’ (sostantivo
slide, ‘scivolata’),
to
curl the ball, ‘tirare la palla a
effetto’ (letteralmente ‘arricciare la palla’),
to parry, ‘difendere la palla’ (in
prestito dal linguaggio della scherma, ‘parare un colpo’).
Si
parla poi di championship, il
‘campionato’, e di relegation quando
si intende ‘retrocessione’; si estende il termine
season per indicare la ‘stagione calcistica’, mentre i ‘gironi’ sono semplicemente
groups. La ‘società sportiva’ si usa
anche nella sua forma inglese (football) club. Da ricordare gli acronimi
FIFA (Fédération Internationale de
Football Association, ‘Federazione Internazionale del Calcio’) fondata nel
1904 a Parigi; UEFA (Union of European
Football Association), la lega del calcio europeo; e l’abbreviazione
FC,
Football Club. Da citare le divertenti mou per José Mourinho e fergie per
Alex Ferguson.
Parlare la lingua del calcio rappresenta dunque una sfida che non solo ci
permette di seguire tutte le notizie relative al settore, approfondire le nostre
conoscenze linguistiche e incrementare la nostra passione per questo
affascinante gioco di squadra, ma soprattutto ci consente di acquisire in modo
più o meno permanente termini che hanno un effetto positivo sull’uso della
lingua in contesti non specialistici, favorendo la comunicazione internazionale
e lo scambio interculturale.
Concludendo, per chiunque possieda una certa padronanza della terminologia di
settore nella propria lingua madre, sviluppare competenze specialistiche in una
lingua straniera offre il privilegio di poter comprendere la comunicazione della
stampa di settore e apprezzarne i divertenti giochi di parole. Nella seconda
parte di questo articolo, in pubblicazione sul prossimo numero di Englishfor [19], si
racconteranno le curiosità della prossima stagione calcistica attraverso
un’analisi del linguaggio e dei processi di formazione dei titoli sportivi; un
singolare viaggio tra protagonisti, eventi, e gossip del football di oggi, a
dimostrazione di quanto la lingua sia flessibile e creativa nel dare vita ogni
giorno a parole ed espressioni di grande ingegno linguistico e comunicativo,
come quella apparsa sul Daily
Mirror in occasione del ritorno di
Mourinho al suo amato Chelsea, «I’m the
Happy One» (da Special One,
soprannome del tecnico), o quella apparsa su
The
Sun, «Grazie Mancini.
Once a Blue, always a Blue» [20], in
riferimento ai fan del
Manchester City che hanno reso onore a Roberto Mancini comprando uno spazio pubblicitario
sulla Gazzetta Dello Sport per
ringraziarlo del lavoro svolto come tecnico al Manchester City. L’insolito
omaggio è dovuto al fatto che Mancini, per mostrare la sua gratitudine ai fan
che lo hanno tanto amato durante il suo ingaggio in Inghilterra, aveva fatto
pubblicare su un giornale di Manchester il messaggio «Manchester City supporters.
Three unforgettable years. You will always be in my heart.
Ciao. Roberto Mancini.»
Bibliografia
Bascetta, C.,
Il linguaggio sportivo contemporaneo, Sansoni, 1962.
Cortelazzo, M., Zolli, P., a cura di, DELI –
Dizionario Etimologico della Lingua
Italiana - Il
Nuovo Etimologico, Zanichelli, 2000.
Sitografia
http://en.wikipedia.org
http://www.etimo.it
http://www.etymonline.com/
http://www.fifa.com/
http://img.poliziadistato.it
http://it.wikipedia.org/
http://www.logosdictionary.org/
http://www.macmillan.com/
http://www.merriam-webster.com/
http://www.mirror.co.uk/
http://www.oxforddictionaries.com/
http://www.thesun.co.uk/
http://www.treccani.it/
http://www.uefa.com/
|
|