Dopo aver analizzato, nei precedenti scritti, i vari
aspetti relativi alla formazione del contratto nel diritto inglese, ci
soffermiamo ora sulla sua fase patologica, ossia su quei fattori che, inficiando
la volontà dei contraenti, minano l’accordo tra esse parti, dando origine ad una
situazione di invalidità del rapporto.
Il diritto inglese contempla varie cause di
invalidità che, avendo però una diversa disciplina normativa, non consentono una
trattazione unitaria dei cosiddetti vizi del consenso, come accade invece per il
nostro sistema giuridico.
Tali cause sono: l’errore (mistake), la violenza (duress), l’abuso di
influenza (undue influence), l’inganno
sia in buona fede (innocent
misrepresentation), sia per colpa (negligent
misrepresentation), sia in mala
fede (fraudolent
misrepresentation).
Dedichiamo il presente intervento all’analisi della
disciplina dell’inganno o dolo contrattuale che presenta aspetti molto
interessanti anche nell’ambito di una disamina comparatistica con il nostro
ordinamento di civil law.
Mentre il diritto contrattuale italiano intravede,
tra i vizi del consenso, un solo tipo di dolo che presuppone sempre l’animus decipiendi, ossia la volontà
di raggiro e di inganno del deceptor
(il ‘contraente in mala fede’), il diritto inglese, nell’intento di tutelare ad
ampio raggio il contraente che sia stato ingannato nella conclusione del
contratto dalla falsa rappresentazione della realtà prospettatagli dalla
controparte (deceptus o
innocent party), contempla ben tre
figure di “dolo”, come sopra menzionate, a seconda che il raggiro sia
incolpevole, colposo o fraudolento.
Il contraente inglese, sostanzialmente, gode di una
tutela maggiore che ha le sue fonti sia nella
common law, che nell’equity e nella
legislazione.
Prima di addentrarci nell’analisi
funditus delle varie fattispecie, appare acconcio soffermarsi sulla fase
pre-contrattuale durante la quale i contraenti pongono in essere una serie di
representations, ossia di
comportamenti dichiarativi tesi a illustrare il contenuto del rapporto in fase
di costituzione.
Questi possono rimanere
mere representations quando non assurgono al rango di veri e propri patti
contrattuali (terms) sui quali si è
raggiunto l’accordo, ma possono comunque aver influito sulla formazione della
volontà contrattuale del contraente al quale sono rivolti.
In questo caso, essi possono configurare delle
misrepresentations qualora attestino
cose non vere, inducendo il contraente a cui sono rivolti a concludere il
contratto in stato di inganno.
Il termine
misrepresentation può essere allora definito come “ogni falsa
rappresentazione della realtà compiuta da un contraente, personalmente o per il
tramite di un suo incaricato, nei confronti della controparte che per essa
rimane ingannata nella conclusione del contratto.” [1]
Oppure: “an
ambiguous, false statement of fact which is addressed to the party misled, which
is material and which induces the contract.” [2]
Per concretizzarsi come
misrepresentation, deve trattarsi di un comportamento positivo, di induzione attiva
all’inganno, ossia deve assumere una active form. Ma, in determinati casi, anche il silenzio può configurare questa causa di
invalidità, ad es. quando riguarda fatti o circostanze che per consuetudine
commerciale devono essere rivelati alla controparte.
Vi è poi una particolare categoria di contratti,
definiti uberrimae fidei (contracts of utmost good faith or contracts of the fullest confidence), per i quali vi è un ampio dovere di
informare la controparte su ogni circostanza utile per l’esatta determinazione
del contenuto contrattuale.
La ratio è
che in questo tipo di contratti viene tutelata la parte svantaggiata, atteso che
vi è uno sbilanciamento tra una controparte che è a conoscenza di tutti i
presupposti di fatto costituenti il contenuto del contratto e l’altra parte che
non sa e non può venire a sapere.
Esempi di tale genere di contratto sono quelli di
assicurazione, di costituzione di società per azioni mediante pubblica
sottoscrizione e i cosiddetti family
arrangements, ossia le transazioni che mirano a risolvere le questioni
riguardanti i beni del patrimonio familiare contesi tra le parti.
Non possono configurare
misrepresentations le semplici expressions of
opinions, ossia le manifestazioni di
giudizio riguardanti il contenuto del contratto, né gli
statements of intentions, vale a dire le dichiarazioni, o le affermazioni o le
assicurazioni che riguardino l’intenzione di fare qualcosa in futuro.
Nell’ordinamento inglese, la
misrepresentation può causare l’annullamento del contratto (rescission), indipendentemente
dall’esistenza del requisito dell’intenzionalità, come sopra sottolineato in
comparazione con il nostro sistema.
Ma è opportuno soffermarci sui vari tipi di
misrepresentation sopra elencati.
Il più grave è senza dubbio la
fraudolent misrepresentation, ossia l’inganno doloso perpetrato con la coscienza di non
dire la verità.
Tale fattispecie assume la doppia valenza di causa
di invalidità del contratto e di atto illecito (tort), scaturendo da essa una responsabilità sia contrattuale che extracontrattuale a
carico del deceptor.
Nella
negligent misrepresentation la falsa rappresentazione è imputabile
all’autore a titolo di colpa.
Il contratto è ovviamente annullabile, ma vi è stato
un intervento legislativo importante, il cosiddetto
Misrepresentation Act 1967, che ha stabilito che in questi casi la Corte adita potrebbe
discrezionalmente, per ragioni di opportunità, non annullare il contratto, ma
disporre solo il risarcimento del danno.
Infatti, fino al 1963 non era riconosciuto alcun
diritto al risarcimento dei danni in favore della vittima di un raggiro non
operato con malizia.
Anche questa responsabilità per colpa del
deceptor è di tipo extracontrattuale,
configurando un tort of deceit.
Anche il contraente ingannato da una
innocent misrepresentation, ossia da una falsa rappresentazione né maliziosa né colposa
bensì in buona fede, ha diritto di chiedere l’annullamento giudiziale del
contratto; ma anche in questo caso, per disposizione di legge contenuta nel
Misrepresentation Act 1967, la Corte
adita può discrezionalmente non annullare il contratto, ma condannare al
risarcimento dei danni.
Ma la innocent
representation non costituisce anche un illecito civile, tant’è che il
contraente ingannato non può chiedere, oltre all’annullamento, anche il
risarcimento del danno. In suo favore è riconosciuto, invece, un diritto
all’indennità che gli consente il recupero delle spese affrontate in adempimento
del contratto invalido, una sorta di danno emergente.
A questo punto, è inevitabile collegare la
disciplina legislativa sopra citata con i rimedi di
equity e precisare che
equity riconosce al
deceptus il diritto all’annullamento
del contratto solo se tale annullamento possa essere seguito da una relativa
restitutio in integrum.
La ratio
di equity è di evitare un ingiusto
arricchimento del deceptus
(autorizzando questi a trattenere quanto ricevuto dalla controparte in
esecuzione del contratto viziato) a danno del
deceptor che ha ingannato in buona fede.
Per restitutio
si intende il ripristino di una situazione virtualmente analoga a quella
iniziale. Quindi il deceptor deve
restituire al deceptus quanto
ricevuto, e il deceptus deve fare
altrettanto, avendo diritto però al rimborso del solo danno emergente subìto per
l’adempimento delle obbligazioni scaturite dal contratto ed eseguite fino al suo
annullamento.
Il diritto all’annullamento del contratto invalido
in favore del contraente ingannato è pertanto comune a tutte e tre le
fattispecie di misrepresentation, come
fin qui evidenziato, ed opera ex nunc.
Tuttavia, tale diritto può venir meno in presenza di
particolari circostanze.
Innanzitutto, può esserci una tacita o esplicita
convalida, affirmation, del contratto
invalido qualora il deceptus manifesti
con una dichiarazione o con un comportamento concludente di voler comunque
rispettare il contratto.
Si perde il diritto all’annullamento anche quando,
in caso di innocent misrepresentation,
esso non venga esercitato per un ragionevole periodo di tempo (lapse of time). Ma il semplice
decorso del tempo, in caso di fraudolent
misrepresentation, non comporta una convalida del contratto.
Da ultimo, qualora il contraente che ha acquistato
un diritto da un contratto invalido lo alieni a titolo oneroso ad un terzo di
buona fede, il diritto all’annullamento dell’originario contratto invalido viene
meno, nell’intento di tutelare il terzo contraente.
Bibliografia
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Edition, 2007.
Criscuoli G.,
Il contratto nel diritto inglese, CEDAM, 1990.
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Giuffrè, 1996.
Galgano, f.,
Istituzioni di Diritto Privato, CEDAM, 2000.
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Contract Law, Event Edition, Palgrave Macmillan Law Masters, 2007.
Parrini P.,
Manuale pratico dei contratti in lingua inglese, CEDAM, 2001.
Tessuto G.,
The Language of Common Law Made Simple, Liguori Editore, 2002.
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