Play Therapy With Children in Crisis: Analisi e problemi traduttivi
di Sara Pancotti, interprete e traduttrice per l'Agenzia Spaziale Europea (ESA)
Il libro Play Therapy with Children in Crisis scritto dalla Dott.ssa Nancy Boyd Webb, psicoterapeuta infantile statunitense, tratta, così come ci suggerisce il titolo, di ludoterapia, conosciuta anche come “terapia del gioco”, applicata, nel caso specifico, ai bambini in crisi, che vivono, cioè, una condizione di disagio psicologico dovuto a varie cause quali: esperienze di violenza in famiglia, abuso sessuale, disastri aerei o naturali (terremoti, alluvioni, ecc.), guerra ed episodi di terrorismo nelle città di appartenenza. Tale libro è stato oggetto in primis di una traduzione dall’italiano verso l’inglese e poi di un’analisi traduttivo-linguistica dalla quale scaturiscono le considerazioni qui di seguito.
Sin dalle prime battute è evidente che si tratta di un testo non divulgativo, caratterizzato, cioè, da un linguaggio specialistico, vale a dire un linguaggio utilizzato dagli esperti di un determinato settore per designare tutto ciò che è tipico e settoriale di quell’ambito. A sostegno di tale affermazione, vi proponiamo come esempio 1 tre paragrafi in lingua originale tratti dal libro stesso con relativa traduzione:
David Levy’s (1938, 1939) early work with traumatized children, which he termed “release therapy”, “abreaction therapy”, and “control play”, represents landmark using preset or prearranged play.
In realtà è stato David Levy (1938, 1939) agli inizi della sua attività di professionista ad ideare la pianificazione del gioco, teorizzando tre diversi tipi di terapie attorno a questo concetto che, ancora oggi, rappresentano le pietre miliari di questo tipo di trattamento; queste sono la “terapia del sollievo”, la “terapia dell’abreazione” e quella “del controllo attraverso il gioco”.
Suggested Art Supplies
Colored markers; crayons; Cray-Pas
Paper of different colors; construction paper (full color range)
Scissors; glue; paste; Scotch tape; stapler
Water colors; finger paints
Paper doilies; magazines for cutting out pictures for collages
Modeling clay (assorted colors); Play-Doh (Kenner); rolling pins, cookie cutters, and assorted modeling tools
Materiale consigliato
Pennarelli; pastelli; carboncini
Carta di diversi colori; carta modello (di tutti i colori possibili)
Forbice; colla; nastro adesivo; cucitrice
Acquerelli; colori speciali per dipingere con le dita
Centrini di carta; riviste dalle quali poter ritagliare immagini per collage
Creta (diversi colori); pongo; mattarelli; formine per biscotti (p. 36-37)
A Cautionary Note
No therapy office can or should resemble a toy store! This would be overstimulating to most children and countertherapeutic. Many years ago, when renting office space on an hourly basis, I learned that it is possible to carry “the basics” for play therapy in a large satchel. These included paper, markers, scissors, tape, stapler, a few puppets, family dolls, one board game, and a small tape recorder. The selection of materials varied with the ages and interests of the particular child clients who had appointments on a particular day. Children will use their imaginations when allowed to do so, and sometimes simplicity brings that diversity may confuse and obscure.
Un’avvertenza
Nessuno studio terapeutico può e dovrebbe assomigliare ad un negozio di giocattoli. Ciò per i piccoli sarebbe eccessivamente stimolante e controproducente. Molti anni fa, quando prendevo in affitto ad ore uno studio per le sedute terapeutiche, ho imparato che era possibile arrivare a portare con sé, in una borsa capiente, “l’indispensabile” per la ludoterapia, quando per “indispensabile” s’intende carta, pennarelli, forbice, nastro adesivo, cucitrice, qualche burattino, bambole rappresentanti i membri della famiglia, un gioco da tavola e un piccolo registratore. La selezione del materiale avveniva a seconda dell’età e degli interessi del paziente con appuntamento in un dato giorno. Erano poi i bambini ad usare, quando messi nella condizione di farlo, la loro immaginazione; a volte la semplicità può comportare benefici che la diversità tende invece ad oscurare e a confondere (p. 48)
Come abbiamo visto, possiamo affermare che il linguaggio specialistico che caratterizza questo testo rispetta i principali aspetti lessicali comuni a tutti i linguaggi specialistici, vale a dire:
Monoreferenzialità
Non emotività
Precisione
Trasparenza
Sinteticità
Monoreferenzialità 2 è sinonimo di univocità semantica, secondo la quale a un dato termine corrisponde un unico significato. Tra il termine e il concetto si stabilisce, infatti, un “accordo di definizione” fisso (Bloomfield, 1970) tale per cui il termine non può essere sostituito convenientemente da un sinonimo ma solo da una sua definizione o perifrasi. In questo senso, ogni termine è rappresentativo di un concetto e in quanto tale riassume in modo efficace il valore semantico che gli è stato attribuito nel processo definitorio che l’ha generato.
Con il termine ‘non emotività’ 3 ci si riferisce al tono neutro che in genere prevale nei testi specialistici, in quanto la forza dimostrativa del discorso deriva dai concetti esposti in modo logico e consequenziale e dai fatti portati a sostegno piuttosto che da un uso enfatico del linguaggio.
Quando affermiamo che un linguaggio specialistico risponde al criterio di precisione referenziale 4 intendiamo dire che ogni termine si riferisce al proprio concetto in maniera immediata. Tale criterio esclude quindi l’uso nella comunicazione specialistica di sistemi di referenza indiretta quali l’eufemismo 5.
Come già precedentemente accennato, un altro importante criterio concernente il lessico specialistico è la trasparenza 6, che permette una rapida decodificazione del significato di un termine tramite l’analisi della forma superficiale. Nel corso dei secoli, per rispondere alla necessità crescente di trasparenza nei linguaggi specialistici legata all’evoluzione scientifica impressionante, vennero promosse delle riforme riguardo la formazione terminologica. Per esempio, la riforma di Lavoisier, chimico francese del XVIII secolo, fornì a tutti i suffissi (già in uso nel Medioevo e nel Rinascimento) un significato preciso, che permise di rendere funzionale l’opposizione tra termini simili (ad esempio, in riferimento al suo ambito professionale, “acido nitrico”, e acido “solfito” e “solfato”) stabilendo proprietà precise e comuni per tutti quei composti designati con lo stesso suffisso.
Analogamente fece Linneo nel suo volume Systema Naturae pubblicato nel 1737, nel quale suddivise il mondo naturale in tre grandi regni (animale, vegetale e minerale), per poi dividere a sua volta ciascuno dei quali in gruppi e sottogruppi (ad esempio generi, ordini e classi), distinti secondo criteri chiari e contrassegnati da termini latini e greci.
La validità del processo definitorio attuato da Linneo è evidenziata dal fatto che il sistema da lui elaborato viene adottato in modo integrale ancora oggi non solo nelle attività di decodificazione, ma anche nei processi definitori di nuovi elementi.
Il grande vantaggio offerto da questi sistemi definitori ha promosso l’adozione del principio di trasparenza anche in altri campi specialistici, come ad esempio nel campo medico, quello al quale appartiene appunto il testo in analisi. In tale disciplina, infatti, spesso la decodificazione delle varie parti lessicali di cui consta un termine specialistico consente di arrivare a comprendere il significato dell’intera parola. Vediamone un esempio estraendo dal testo originale due termini:
Playtherapy Psychology
↓ ↓ Ludoterapia Psicologia
Ora scomponiamole rispettivamente in ludo e terapia e in psico e logia. Decodifichiamo quindi tali elementi secondo le seguenti equivalenze semantiche: ludo = gioco e terapia da therapápon (‘servo)’; psico = anima e logia = studio. A questo punto, se fondiamo i vari significati parziali si perviene alla comprensione dei termini ludoterapia e psicologia e a identificarli rispettivamente ne “la terapia del gioco” e “lo studio dell’anima”.
Ultimo ma non per importanza è il criterio di sinteticità,secondo il quale è necessario esprimere i vari concetti nella forma più breve possibile senza creare ambiguità alcuna.
Spesso, però, viene imputato al linguaggio medico, in quanto specialistico, di non rispettare né il criterio di sinteticità né quello di monoreferenzialità per il fatto che, all’interno dei testi che si avvalgono di esso, compaiono spesso sia elementi lessicali pleonastici che creano ridondanza, sia sinonimi inutili, data la presenza di termini altamente specifici che corrispondono a patologie e processi ben precisi. Tuttavia, ciò non può essere detto del testo preso in analisi. In quest’ultimo, infatti, compaiono degli elementi frasali utilizzati in sostituzione di costrutti più ridondanti ed eccessivamente complessi che andrebbero ad appesantire il periodo. Vediamone un esempio in cui l’uso dell’avverbio thus evita il ricorso a una frase relativa in quanto posto all’inizio di una nuova frase, spezzando e alleggerendo così il periodo precedente :
Thus, for example a child who has been subjected to painful medical procedures may earnestly play out giving injections and other treatments to a doll in doll play.
Quindi, per esempio, un bambino che è stato sottoposto a cure mediche dolorose potrebbe arrivare a sfogarsi giocando a fare iniezioni o altro ad una bambola.
Come già sappiamo, il testo che si sta analizzando originalmente scritto in inglese è stato poi tradotto in italiano.
Trattandosi appunto di un libro dal linguaggio specialistico articolato, dallo stile complesso e dal registro piuttosto aulico, la traduttrice ha incontrato diverse difficoltà nel lavorare sulla trasposizione. Si è trattato per lo più di problemi linguistici (in quanto i cosiddetti problemi pragmatici e culturalistanno man mano sparendo per il fatto che recentemente stiamo assistendo a un fenomeno per il quale i linguaggi specialistici di ogni lingua, soprattutto se appartenente alle culture occidentali, tendono a uniformarsi a livello terminologico), che la traduttrice ha dovuto risolvere ricorrendo ai due principali metodi traduttivi in uso: la traduzione letterale e la parafrasi.
Con la traduzione letterale 7 si intende veicolare nella lingua d’arrivo il significato del testo di partenza nel modo più diretto possibile, ossia mantenendo gli stessi componenti fondamentali del testo di partenza e adattandone le strutture sintattiche e lessicali alle norme grammaticali e alle convenzioni stilistiche della lingua/cultura d’arrivo. Vediamone un esempio:
Since children behave and think differently from adults, the approach to working with them must reflect this difference.
Dal momento che i bambini si comportano e pensano diversamente dagli adulti, l’approccio nel lavorare con loro deve tener conto di questa differenza.
Quando non utilizzata come strategia “di sicurezza” a cui ricorrere per non sbagliare (così come fanno spesso i traduttori alle prime armi), la traduzione letterale è tuttavia un metodo traduttivo fondamentale che può rimanere virtuale nella mente del traduttore nel suo percorso in direzione della versione finale oppure a cui può ricorrere concretamente se non altro per redigere una prima versione provvisoria (orientata al testo di partenza) di quella che sarà la traduzione definitiva (orientata alla cultura di arrivo). In questa sua funzione di fase concreta del processo traduttivo, la traduzione letterale rappresenta un ponte tra il testo di partenza e il testo di arrivo, utile per disbrigare un segmento testuale linguisticamente complesso oppure per individuare i punti problematici del testo e dare così il via a una serie di quesiti che agevolano il processo di apprendimento di un dato ambito disciplinare da parte del traduttore e fungono da guida nella scelta e nell’utilizzo delle fonti di riferimento.
Quando, invece, la traduzione letterale risulta inadeguata a risolvere i problemi legati alla traduzione di un determinato segmento testuale, in quanto non è possibile tradurlo sulla base di corrispondenze uno-a-uno normalmente accettate per via di norme lessicali, morfosintattiche o idiomatiche che sono contrastanti nelle due lingue, il traduttore si trova a dover fare una scelta tra diverse possibilità di riformulazione.
Nella parafrasi 8 avviene, quindi, una rielaborazione della formulazione dell’originale per tradurne il potenziale semantico in una forma che soddisfi le aspettative dei nuovi destinatari. Eccone un esempio:
As the preceding discussion suggests, play therapy is an appropriate treatment modality through late latency, with the likelihood that the balance between verbal and play interactions will shift gradually as a child gets older.
Secondo quanto sopra affermato, la ludoterapia può considerarsi una modalità di trattamento adeguata lungo tutto il periodo della latenza tenuto conto del fatto che, man mano che il bambino cresce, varia gradualmente il suo modo di interagire, scegliendo cioè le parole o il gioco (p. 29).
Family dolls
Bambole rappresentanti i membri della famiglia
Passiamo ora alla testualità, relativamente alla quale, nella traduzione retorica dell’inglese e dell’italiano specialistici esistono numerose dissimmetrie delle quali la traduttrice ha dovuto tenere conto. La prima differenza è la tendenza dell’italiano a privilegiare la variazione lessicale per esprimere conferenza e a evitare le ripetizioni, a fronte di una preferenza dell’inglese nei confronti della reiterazione dello stesso termine o della stessa espressione, anche a breve distanza in un testo, per motivi di univocità referenziale e chiarezza espositiva. Vediamo, quindi, un esempio di ripetizione nel testo originale inglese mantenuta anche nella traduzione in quanto, grazie alle licenze del linguaggio medico, è possibile ricorrere alla reiterazione:
Erikson (1950/1964) viewed play as a child’s means of achieving mastery over traumatic experiences. The make- believe element, according to Woltmann (1955/1965, p. 24), “eliminates guilt feelings which would appear if action could result in real harm and damage and enable the child to be victorious over forces otherwise above his reach and capacity”.
Erikson (1950/1964) osservò il gioco come mezzo di cui i bambini dispongono per arrivare a controllare le esperienze traumatiche. Secondo Woltmann (1955, 1964, p. 24), “la finzione che si genera con il gioco va ad eliminare l’eventuale sopraggiungere di sensi di colpa che potrebbero comparire qualora quella stessa finzione divenisse dolore reale, tale da rendere il bambino capace di vincerle impegnandosi anche al di sopra delle sue forze, della sua portata e delle sue capacità” (p. 31).
Altra differenza tra l’italiano e l’inglese specialistici che la traduttrice nel corso della stesura della traduzione ha avuto modo di notare relativamente alla testualità è l’uso dei connettivi testuali.
L’italiano (come anche il tedesco) tende, infatti, a utilizzare un numero maggiore di segnali superficiali rispetto all’inglese per orientare e guidare l’attenzione del lettore. Di conseguenza, per quanto riguarda i connettivi interfrasali, la traduzione in italiano dall’inglese implica spesso strategie di esplicazione dei collegamenti logico-semantici che sono lasciati impliciti nel testo di partenza tramite l’inserimento di connettivi testuali che conferiscono al testo di arrivo un maggior grado di coesione sul piano del contenuto rispetto a quello di partenza. Esempio:
As the preceding discussion suggests, play therapy is an appropriate treatment modality through late latency, with the likelihood that the balance between verbal and play interactions will shift gradually as a child gets older.
Secondo quanto sopra affermato, la ludoterapia può considerarsi una modalità di trattamento adeguata lungo tutto il periodo della latenza tenuto conto del fatto che, man mano che il bambino cresce, varia gradualmente il suo modo di interagire, scegliendo cioè le parole o il gioco (p. 29).
Oltre a tutto quello di cui abbiamo già parlato, vi sono altri aspetti interessanti della traduzione dall’inglese specialistico con i quali la traduttrice si è dovuta misurare. Questi sono: lo stile nominale, la spersonalizzazione e la terminologia.
Lo stile nominale o nominalizzazione 9 consiste nel ricorso all’uso di un sostantivo piuttosto che di un verbo per esprimere concetti riferentisi ad azioni o procedimenti. Questa preferenza nell’uso della nominalizzazione porta come conseguenza a una più alta densità nominale nei testi specialistici inglesi ma anche italiani, visto che tale procedura è largamente in uso anche nella lingua italiana. Tale processo che dà origine a sintagmi nominali complessi si realizza per lo più attraverso la giustapposizione degli elementi. Vediamone degli esempi relativi anche ad un’altra forma di nominalizzazione:
Giustapposizione
Play therapy tecniques → le tecniche della ludoterapia
Non directive play therapy → ludoterapia di natura non guidata
Verbo > Verbo (vuoto) + Sintagma
Verbalize/esprimere con le parole, verbalmente
Quello della spersonalizzazione 10 è un processo che risponde alle esigenze del discorso dello specialista il quale intende mettere in evidenza gli effetti o risultati di un’azione piuttosto che porre in risalto chi ha effettuato tale azione o cosa l’ha determinata.
A livello espressivo, questo fenomeno è evidenziato dall’uso di verbi tipici dell’indagine scientifica quali, ‘mostrare’, ‘affermare’, ‘dimostrare’, ‘suggerire’, ‘indicare’, ecc. con soggetti inanimati corrispondenti a fatti, eventi o elementi. Vediamone un esempio tratto dal testo in analisi:
As the preceding discussion suggests, play therapy is an appropriate treatment modality through late latency, with the likelihood that the balance between verbal and play interactions will shift gradually as a child gets older.
Secondo quanto sopra affermato, la ludoterapia può considerarsi una modalità di trattamento adeguata lungo tutto il periodo della latenza tenuto conto del fatto che, man mano che il bambino cresce, varia gradualmente il suo modo di interagire, scegliendo cioè le parole o il gioco (p. 29).
Quanto alla terminologia, che nel caso specifico ha richiesto da parte della traduttrice un enorme lavoro di ricerca delle corrispondenze terminologico-concettuali su enciclopedie, libri e trattati del settore nonché su Internet, l’ha inoltre spesso obbligata a ricercare approssimazioniper termini della lingua di partenza che non trovano riscontro nella realtà della lingua d’arrivo o addirittura a ricorrere ai cosiddetti prestiti 11. Quest’ultima procedura è in generale responsabile dell’entrata in vigore di forestierismi nella lingua d’arrivo, in questo caso nell’italiano. Infatti, ad esempio, i termini trouble dolls e counseling non sono stato tradotti verso l’italiano (anche perché, ormai, nel settore in cui vengono utilizzati hanno acquisito una loro specifica connotazione).
L’ultima considerazione, ma non per importanza, che possiamo fare relativamente al testo in analisi è che si tratta decisamente di un testo argomentativo. I testi argomentativi hanno, infatti, la funzione principale di convincere il lettore che il punto di vista dello scrittore è quello corretto. La linearità del processo argomentativo, oltre alla chiarezza e alla coerenza logica degli argomenti evidenziati a supporto della tesi, è quindi di estrema importanza per assicurare l’effetto perlocutorio che è alla base dei testi stessi. Sempre per assicurarsi il raggiungimento di tale scopo, l’autore di un testo argomentativo imposta la propria trattazione secondo un “piano compositivo” (Werlich, 1982), accuratamente progettato e funzionale alla tesi da dimostrare.
Tale strutturazione prevede le seguenti fasi:
Analisi di scritti precedenti e/od osservazioni dei fatti
Identificazione del problema
Proposta di una possibile soluzione
Conclusione tramite argomentazioni logiche avvalorate da dimostrazioni adeguate.
Quello che potremmo, inoltre, notare se leggessimo il testo originale o la sua traduzione in toto è che la trattazione rispetta questo schema seppur, a differenza di tanti altri testi argomentativi, non contiene considerazioni dell’autore che tendono a sminuire le tesi di altri che hanno scritto sull’argomento.
Concludendo, alla luce di ciò, possiamo affermare che il libro in analisi rappresenta il tipico esempio di testo redatto in uno dei tanti tipi di English forSpecial Purposes che, soggetto a un lavoro di trasposizione verso una qualunque lingua d’arrivo, pone il traduttore dinanzi alla più grande delle proprie responsabilità etico-professionali, vale a dire l’obbligo della neutralità e della fedeltà al testo di partenza, nel rispetto dei principi linguistico-culturali della lingua di arrivo, senza dimenticare gli intenti comunicativi dell’autore.
Bibliografia
Dizionari e vocabolari
AA. VV. Dictionary of Contemporary English, Longman,1999.
AA. VV. Dizionario Enciclopedico di Medicina Inglese/ Italiano – Italiano Inglese, Il Gould Chiampo, Zanichelli, 1988.
AA. VV. Dizionario Inglese Italiano – Italiano Inglese, Il Ragazzini Terza Edizione, Zanichelli, 1995.
AA. VV. Dizionario dei Sinonimi e dei Contrari, BUR Dizionari, Rizzoli, 1988.
AA. VV. Vocabolario della Lingua Italiana, Lo Zingarelli Dodicesima Edizione, Zanichelli, 1996.
AA. VV. Webster’s New Explorer Dictionary and Thesaurus, Federal Street Press, 1999.
Testi
Freud Anna, Il Trattamento Psicologico dei Bambini, s.l., Universale scientifica Boringhieri, Torino, 1946.
Freud Sigmund, La Psicanalisi Infantile, Quinta Edizione, s.l., Newton Compton Editori, 2003.
Gotti Maurizio, I Linguaggi Specialistici, Caratteristiche Linguistiche e Criteri Pragmatici, La Nuova Italia, Firenze, 1991.
Piaget Jean, Play, Dreams, and Imitation in Childhood, Norton, New York, 1962.
Scarpa Federica, La Traduzione Specialistica, Lingue Speciali e Mediazione Linguistica,Editore Ulrico Hoepli, Milano,2001.
Trinci Manuela, Il Bambino che Gioca, Boringhieri, Torino, 1993, pp. 92-115.
1Da questo punto della trattazione in poi, gli esempi seguiranno tutti la stessa matrice. Verrà quindi sempre citato in primisil paragrafo o le frasi tratte dal testo originale e a seguire la traduzione verso la lingua italiana.
2 Maurizio Gotti, I Linguaggi Specialistici, Caratteristiche Linguistiche e Criteri Pragmatici, Firenze,La Nuova Italia, 1991.