|
L’articolo che mi accingo a scrivere è solo il primo di una serie con cui vorrei
trattare vari aspetti della nutrizione e i relativi aspetti terminologici.
Il problema dell’alimentazione e della qualità del cibo che consumiamo è oramai,
e con giusta ragione, quotidianamente presente nella nostra vita: ne parlano i
mezzi di comunicazione, sono diffuse le campagne alimentari nelle scuole e sono
più numerose le iniziative per un consumo consapevole e sostenibile. Il consumo
di junk food 1 o
trashfood, definito anche ‘cibo
spazzatura’, e le cattive abitudini
alimentari sono condannati con fermezza. Le iniziative a favore delle
healthy habits, ‘abitudini salutari’, sono innumerevoli:
dalla Let’s Move Campaign di Michelle
Obama contro l’obesità infantile, fenomeno allarmante e dilagante non solo negli
Stati Uniti, ma anche in Europa 2, all’importanza del concetto di
food mile conosciuto anche come
pathways of food, cioè i ‘percorsi del
cibo’. Il concetto di food
mile, cioè la distanza che il cibo
percorre dal luogo di produzione fino all’utente finale, viene definito in
italiano con l’espressione ‘cibo a chilometri zero’, e pare che proprio in
questi tempi di crisi ci sia un vero e proprio boom per la ricerca del cibo
locale prodotto nelle vicinanze del luogo di vendita. È inoltre sempre più
impegnata la lotta alla cosiddetta diet
generation cioè la ‘generazione a dieta’. Viene così definita quella
generazione di «healthy young girls who have an unhealthy
obsession with their weight and shape» 3, ossia la ‘generazione di giovani
ragazze sane che hanno una vera e propria malsana ossessione per il peso e per
le forme del loro corpo’. Tali atteggiamenti sono particolarmente pericolosi e
possono sfociare nelle tristemente note anoressia e bulimia. Altrettanto decisa
è la lotta contro il Binge Eating Disorder
(BED), ‘sindrome da alimentazione
incontrollata’, cioè l’ingestione incontrollata e compulsiva di cibo, così come
contro il fenomeno del binge drinking, cioè il ‘bere compulsivamente con lo
scopo preciso di ubriacarsi’ 4 o la
metabolic syndrome, ‘sindrome metabolica’, quell’insieme di fattori di rischio che aumentano la probabilità
di sviluppare malattie cardiache, ictus e diabete 5. Tali condizioni sono ad esempio
il sovrappeso e l’obesità, l’ipercolesterolemia, cioè la presenza di un elevato
tasso di colesterolo nel sangue, e l’ipertensione arteriosa.
Il settore della
food safety, la ‘sicurezza del cibo’, resta comunque prioritario anche a fronte di
determinate patologie, comportamenti compulsivi o
bad eating habits 6 ossia le ‘cattive abitudini
alimentari’. In particolare, vorrei concentrarmi sulle
foodborne diseases, conosciute anche con il termine più colloquiale di food poisoning o ‘avvelenamento da
cibo’. Letteralmente sono le ‘malattie
portate da cibo’ e quindi le infezioni di origine alimentare o malattie
trasmesse dall’ingestione di alimenti. Come avremo modo di analizzare nei
prossimi articoli, nella pratica quotidiana tali malattie sono anche definite
food-related diseases, cioè
‘malattie legate o connesse al cibo’, anche se tale definizione rischia di essere
generica e di non tener conto di sostanziali differenze esistenti tra le due
definizioni.
La sicurezza del cibo che mangiamo è una priorità e il
food processing, ovvero l’‘insieme di tecniche e metodologie per trasformare il cibo
nelle forme più adatte al consumo’, processo che l’Unione Europea ha definito
con l’espressione the farm-to-table
measures 7, ‘le misure adottate dal luogo di
produzione fino alle nostre tavole’, è un processo delicatissimo in ogni sua
fase: basta un piccolo errore e il cibo può trasformarsi in una sostanza
contenente microrganismi che possono nuocere seriamente alla nostra salute. Le
cosiddette foodborne diseases si manifestano quando un agente patogeno penetra nel corpo attraverso
l’ingestione di cibo arrivando, specie nei paesi in via di sviluppo dove le
condizioni igieniche sono scarse e i processi di conservazione non corretti, a
provocare la morte di molti individui. Tali malattie, assieme alle
enteric diseases, ‘malattie enteriche’
o relating to, or affecting the intestines 8, cioè ‘patologie che colpiscono l’intestino’, sono
cause molto diffuse di malattia, disabilità o morte in tutto il mondo.
I cibi e i prodotti contaminati da
pathogens, ‘agenti patogeni’, possono anche avere lo stesso aspetto e lo
stesso odore dei cibi sani. La sola visual
inspection, ‘ispezione visiva’, effettuata anche mediante l’uso di
strumenti, non è sufficiente. È di fondamentale importanza una
laboratory-based surveillance 9, ‘sorveglianza di laboratorio su
animali, cibi ed esseri umani al fine di prevenire la diffusione di tali
patogeni’.
Nell’ambito sanitario, sorvegliare significa raccogliere dati e informazioni in
modo mirato e sistematico per poi archiviarli, analizzarli e interpretarli per
determinare l’andamento di alcune malattie o fenomeni e per pianificare un
corretto intervento sanitario. L’uso delle tecniche di laboratorio appropriate
si rivela quindi essenziale per evitare, nel caso specifico che stiamo
trattando, i foodborne outbreaks o outbursts, definiti come «a sudden
rise in the incidence of a disease» 10 cioè ‘un
aumento improvviso dell’incidenza di una malattia’, in questo caso causata
dall’ingestione di alimenti.
Esistono più di 250 foodborne diseases
che si possono suddividere in due categorie:
infections e
intoxications.
Le infections, ‘infezioni’, sono la
conseguenza dell’ingestione di cibo contenente
pathogenic microbes, ‘microbi patogeni’ o
semplicemente ‘patogeni’, quegli agenti biologici in grado di generare la
malattia 11. Le infezioni si distinguono a
loro volta in due gruppi: quelle in cui i microbi attaccano direttamente
l’intestino e quelle in cui i sintomi sono causati da veleni e tossine prodotte
da microbi che si sviluppano all’interno dell’intestino.
Se i microbi attaccano direttamente l’intestino, i
predominant symptoms, ‘sintomi dominanti’, sono febbre, nausea e diarrea, ma può
accadere che siano confusi con comuni flu-like-symptoms, ‘sintomi tipici dello stato
influenzale’. Esempi comuni di tali microbi sono la Salmonella, che provoca la
salmonellosis 12, ‘salmonellosi’, una malattia
batterica i cui sintomi sono dolori addominali, diarrea, nausea e a volte
vomito, il Campylobacter che provoca la
Campylobacter enteritis 13 o ‘enterite da Campylobacter’,
una malattia batterica acuta di gravità variabile e il Listeria monocytogens 14 che causa la
listeriosis, ‘listeriosi’, malattia
che può manifestarsi in forma grave come meningoencefalite 15, processo infiammatorio
dell'encefalo a cui partecipano anche le meningi, oppure in forma lieve con
sintomi influenzali o gastrointestinali.
Se la malattia è causata da veleni e tossine prodotti da microbi che si
sviluppano all’interno dell’intestino, l’onset,
cioè la ‘comparsa’ o ‘insorgenza’ dei sintomi può essere anche di qualche giorno
successiva all’ingestione del cibo infetto. Un esempio tipico è la malattia
causata da uno strain, ‘ceppo’, del
batterio Escherichia Coli 16 che può provocare gastroenteritis, ‘gastroenterite’ e haemorrhagic colitis, ‘colite emorragica’.
Le intoxications, ‘intossicazioni
alimentari’, sono causate invece dalla semplice ingestione di cibo contaminato.
A differenza delle infezioni non è necessario che i microbi che le causano si
sviluppino, o vengano colonizzati, all’interno del corpo che li ospita. Un
esempio di intossicazione è il botulismo, una malattia rara, ma grave causata da
un batterio, il
Clostridium botulinum, che si trova
comunemente nel suolo. Esistono vari tipi di botulismo 17:
inhalation botulism, ‘botulismo da
inalazione’, waterborne botulism, ‘botulismo causato dal consumo di
acqua contaminata’, botulism of
undetermined origin, il ‘botulismo di cui non è possibile identificare
l’origine’, il wound botulism,
‘botulismo provocato dalla penetrazione di spore infette nelle ferite aperte che
sono in grado di riprodursi in un ambiente anaerobico’ e l’infant
botulism, ‘botulismo dei bambini’, una rara malattia che si manifesta se le spore
infette penetrano nell’intestino dei neonati. Il
foodborne botulism, ‘botulismo
alimentare’, è causato dall’ingestione di cibi contenenti tale batterio.
I batteri si sviluppano molto rapidamente
nella cosiddetta temperature danger zone, letteralmente ‘fascia di temperatura pericolosa’. Il Federal Drug Administration (FDA) Food
Code 18, ‘il codice alimentare della
FDA’, ha definito questa fascia come compresa tra i 41°F e i 135°F (4,4°C-60°
C).
Il motto «keep hot food hot and cold food cold»,
ossia ‘mantenere caldo il cibo caldo e freddo quello freddo’, è di fondamentale
importanza per evitare le temperature della
danger zone che favoriscono appunto la
prolificazione dei batteri.
Un’altra definizione di fondamentale
importanza elaborata da FDA è quella di
Potentially Hazardous Foods
(PHF) cioè
‘cibi potenzialmente pericolosi’ 19.
Questi cibi necessitano di extra
care in handling, cioè devono essere ‘maneggiati con ulteriore cura’ e
conservati alla corretta temperatura. Essi presentano caratteristiche ben
precise: contengono un certo quantitativo di umidità, quella che viene definita
elevata water activity o
the amount of water available to microorganisms 20,
‘quantitativo di acqua disponibile per la proliferazione dei microrganismi’; si
tratta solitamente di foods containing
proteins, cioè ‘cibi contenenti proteine’ e sono solitamente
neutral or
slightly acid foods, ‘cibi neutri o leggermente acidi’. Questa definizione, seppur
largamente diffusa e accettata, presenta un certo livello di criticità in quanto
può generare confusione. Recentemente, sono state proposte una semplificazione
della definizione, l’introduzione di maggiori dettagli relativi ai cibi e la
sostituzione di PHF con l’espressione ‘temperature controlled for safety
(TCS) foods’ 21, letteralmente ‘cibi che devono
essere conservati a una temperatura controllata per garantirne la sicurezza’.
Esempi di TCS foods sono la carne, il
pollame, i prodotti lattiero-caseari, le uova, il pesce, le patate, le verdure
cotte, i pomodori e il tofu.
I quattro principi
cardine per una corretta conservazione del cibo promossi dalla
Be Food Safe
Campaign condotta dal Food Safety and Inspection
Service di USDA (United States
Department of Agriculture) sono:
Clean, Separate, Cook
e Chill 22.
Clean si riferisce ovviamente alla pulizia accurata
dei cibi, ma anche di strumenti, attrezzi, superfici utilizzati per la
preparazione oltre che, naturalmente, a una attenta igiene delle mani di chi si
occupa della preparazione.
Separate si riferisce
all’abitudine che dovremmo adottare di separare ad esempio cibi crudi, uova,
pollame, pesce e relativi liquidi dai
ready-to-eat foods, cioè ‘cibi pronti per il consumo’, per evitare la cosiddetta
cross-contamination, ‘contaminazione incrociata o
crociata’. La
cross-contamination è definita come «the spread of bacteria from foods, hands,
utensils, or food preparation surfaces to other foods» 23, ‘la
diffusione di batteri da cibi, mani, utensili o superfici utilizzate per la
preparazione degli alimenti ad altri alimenti’ e può essere estremamente
pericolosa. La contaminazione incrociata può verificarsi anche durante i
processi di lavorazione industriale, ad esempio se non si osservano le misure
igieniche necessarie, se non si utilizzano i materiali adeguati o in caso di
incidenti.
Cook
è ovviamente l’ultima fase prima
del consumo. Cucinare a una temperatura non adatta o servire cibi
undercooked, ‘non cucinati a sufficienza’, fa sì che molti batteri sopravvivano
generando le conseguenze sopra descritte.
Chill
riguarda la fase del
raffreddamento cioè la conservazione alla corretta temperatura, poiché sappiamo
che i batteri si diffondono velocemente all’interno della
danger zone.
Nei prossimi articoli proseguirò con la
disamina di altri aspetti riguardanti le malattie legate al cibo, in particolare
le food-related
diseases e la funzione specifica di determinati alimenti.
Sitografia
http://www.adieta.it/
http://www.befoodsafe.org/
http://www.bingeeatingdisorders.com
http://www.ccm-network.it/
http://www.cdc.gov/foodsafety/activities.html
http://dizionari.hoepli.it/
http://ec.europa.eu/
http://www.efsa.europa.eu/
http://www.endocrinologiasantorsola.it
http://www.englishfor.it
http://www.faqs.org
http://www.fda.gov
http://www.foodsafety.gov/
http://www.foodtechsource.com/
http://www.fsis.usda.gov/Fact_Sheets/index.asp
http://www.gdrc.org/uem/footprints/food-miles.html
http://greeneconomy.myblog.it/archive/2010/01/14/arriva-il-cibo-a-chilometri-zero.html
http://italiasalute.leonardo.it/
http://medicinaeprevenzione.paginemediche.it/it/282/malattie-e-condizioni/tossicologia
http://www.medterms.com/script/main/art
http://www.merriam-webster.com
http://www.mirror.co.uk
http://www.panalimentos.org/sirvetaipz/report_eta01.asp
http://salute.leiweb.it/
http://www.sicurezzadeglialimenti.it
http://www.thefreedictionary.com
http://www.who.int/
|
|