Un elemento particolare relativo alla lingua giuridica è che essa non è
universale, bensì frutto della tradizione e dell’unicità dell’ordinamento
giuridico di un Paese, connessa solidamente al sostrato culturale del medesimo.
Di conseguenza, si incontrano difficoltà nel comprendere le peculiarità della
lingua giuridica di un Paese diverso dal proprio.
A seguito di un’attenta analisi traduttologica, scaturita dal lavoro di tesi di
laurea specialistica riguardo il testo della Convenzione delle Nazioni Unite
sulla Criminalità Organizzata Transnazionale e ai Protocolli ad essa annessi, ho
constatato che fino a pochi anni fa non esistevano strumenti normativi
internazionali adeguati ai fenomeni di traffico di esseri umani che si
presentavano su scala globale. Accantonando gli
aspetti politici riguardanti la questione, è necessario evidenziare che, in
mancanza di vie d’accesso legali, coloro che vogliono emigrare scovano comunque
altre modalità per raggiungere il proprio obiettivo, ossia le vie illegali.
Queste si concretizzano in due fenomeni:
Smuggling of Migrants (SoM) e
Trafficking of Human Beings (THB).
Nell’ultimo decennio, queste fattispecie di reato hanno iniziato a
rivestire nella politica dei vari Paesi una notevole importanza, cosicché anche
le grandi organizzazioni internazionali hanno cominciato a interessarsi
direttamente della questione e da ciò ne consegue che, alla Convenzione delle
Nazioni Unite contro
la Criminalità Organizzata
Transnazionale, firmata a Palermo nel 2000, sono stati allegati due Protocolli
aggiuntivi dedicati esclusivamente a queste tematiche. Questi Protocolli offrono
una definizione univoca sia dello
Smuggling of Migrants, sia del
Trafficking of Human Beings, offrendo così una base giuridica globale su cui
operare per contrastare tali fenomeni.
Nel primo caso, lo SoM viene definito Nel primo caso, lo SoM viene definito come “… la procura, al fine di
ottenere, direttamente o indirettamente, un beneficio finanziario o materiale,
tramite l’ingresso illegale di un individuo all’interno di uno Stato membro, del
quale l’individuo non sia nativo, né vi abbia una residenza permanente”.
Nel caso del THB, invece,
ci si trova di fronte a una realtà del tutto diversa, che riguarda
specificatamente lo sfruttamento degli individui. Tale traffico è stato definito dal
“Protocollo per prevenire, sopprimere e punire il traffico di persone” come
the recruitment, transportation,
transfer, harbouring or receipt of persons, by means of the threat or use of
force or other forms of coercion, of abduction, of fraud, of deception, of the
abuse of power or of a position of vulnerability or of the giving or receiving
of payments or benefits to achieve the consent of a person having control over
another person, for the purpose of exploitation.
Appare evidente dalle due definizioni quali siano le
sostanziali differenze tra i due traffici. Laddove l’immigrazione clandestina
implica obbligatoriamente l’attraversamento illegale di confini statali e
presume che vi sia l’esplicito consenso da parte di coloro che vengono
trasportati, nel caso del traffico di esseri umani questo può svolgersi ovunque,
anche nello stesso Paese di appartenenza delle vittime. Tuttavia, ciò che
maggiormente contraddistingue quest’ultima condizione è che la volontà di coloro
che sono sottoposti alla tratta è del tutto irrilevante, come viene dichiarato
nella medesima norma internazionale. Per ciò che concerne l’aspetto giuridico,
la distinzione è ben più articolata, poiché nel primo caso si infrangono le
leggi dello Stato, mentre nel caso del THB sono violati i diritti fondamentali
di ogni essere umano.
La distinzione fra tratta (Trafficking)
e traffico (Smuggling)
La tratta di persone, l’immigrazione illegale e il traffico di migranti sono
crimini tra loro differenti, ma che spesso vengono confusi. Infatti, il processo
che ha portato la comunità internazionale a definire normativamente le condotte
di “trafficking of human beings”
(tratta di esseri umani finalizzata al loro sfruttamento successivo) e di “smuggling of migrants” o “alien smuggling” (traffico di
migranti) è stato lento.
L’esigenza di definizioni
in grado di distinguere questi due fenomeni è emersa per diversi motivi. Si
tratta di ragioni congiunte alla prassi degli organismi di polizia, a fattori
criminologici e vittimologici, e a elementi di ordine politico.
Il primo Protocollo,
Protocol to prevent, suppress and punish
trafficking in persons, especially women and children, supplementing the United
Nations Convention against transnational organized crime, si occupa della tratta a scopo di
sfruttamento, mentre il secondo,
Protocol against the
smuggling of migrants by land, air and sea, supplementing the United Nations
Convention against transnational organized crime, si occupa della questione relativa al
traffico di migranti. Questi Protocolli sono stati elaboratiQuesti Protocolli sono stati elaborati per colmare
una lacuna presente nella disciplina internazionale e promuovono, tra i diversi
obiettivi, l’armonizzazione delle legislazioni penali dei Paesi firmatari contro
la tratta a scopo di sfruttamento e il traffico di migranti. Bisogna precisare
che esse sono basilari per questa analisi, poiché all’epoca della stesura del
progetto non erano ancora presenti nell’ordinamento italiano norme penali in
grado di definire e contraddistinguere palesemente la tratta dal traffico. Ciò
ha portato all’adozione delle terminologie elaborate dalle Nazioni Unite come
definizioni valide.
Altresì l’ordinamento
italiano ha, da ultimo, fatte proprie tali distinzioni con la legge 11 agosto
2003, n. 228, che introduce il reato di “tratta di persone” (art. 601 cod. pen.)
al posto dell’arcaico reato di “tratta e commercio di schiavi”. Tale adattamento
della normativa penale è stato svolto tenendo come punto di riferimento le
indicazioni provenienti dalla Convenzione, eccetto per alcuni secondari
scostamenti, come verrà esposto nelle sedi opportune.
La definizione di “tratta di persone” e di “traffico di migranti” delle
Nazioni Unite
La definizione di “trafficking in persons”
(“tratta di persone/esseri umani a scopo di sfruttamento” o semplicemente
“tratta”) è presente nell’articolo 3 del Protocollo sulla tratta, supplementare
alla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale delle Nazioni
Unite del 2000. La “tratta di persone” viene presentata, alla lett. (a), come
quell’attività che consiste nel “reclutamento, trasporto, trasferimento,
l’ospitare o accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego
della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso
di potere o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme
di danaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su
un’altra a scopo di sfruttamento”. Questa definizione costituisce la base
giuridica per l’obbligo di penalizzazione delle condotte illegali fissate che
gli Stati firmatari sono tenuti a rispettare ai sensi dell’articolo 5 del
Protocollo. L’esposizione delle modalità e dei mezzi di coercizione utilizzabili
è stata lasciata intenzionalmente estesa, in maniera tale da poter annoverare
una più completa varietà di comportamenti finalizzati alla tratta di persone a
scopo di sfruttamento. La lettera (b) dell’articolo 3 specifica l’irrilevanza
del consenso prestato in qualunque momento da una vittima della tratta, in tutti
i casi in cui si verifichi l’uso di alcuno dei mezzi già citati nella lettera
(a). Questa ipotesi è fondamentale in contesti che si riscontrano nella realtà,
quando in un primo momento sembra sussistere un atteggiamento consensuale della
vittima e in un momento successivo il consenso viene meno, oppure in tutte
quelle circostanze in cui il consenso sia concesso da altri al posto della
vittima.
Ai sensi dell’art. 3 del Protocollo relativo al traffico di migranti
supplementare alla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale
delle Nazioni Unite del 2000, lo “smuggling
of migrants” consiste nel “procurare, al fine di ricavare, direttamente o
indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una
persona in uno Stato Parte 1
di cui la persona non è cittadina o residente permanente”. In base alla lett.
(b) della medesima norma per “ingresso illegale” s’intende “il varcare i confini
senza soddisfare i requisiti necessari per l’ingresso legale nello stato
d’accoglienza”. Sia per il trafficking
che per lo smuggling è previsto
l’obbligo di penalizzazione della condotta indicata da parte degli Stati
firmatari.
Il traffico di migranti è
l’attività che consiste nel procurare l’ingresso illegale in uno Stato di una
persona che non ne è cittadina o residente. Questo atteggiamento è finalizzato
all’ottenimento di un beneficio materiale o patrimoniale. Nella previsione non
rientrano altre attività economiche aventi a oggetto i migranti. L’obbligo della
penalizzazione concerne le condotte di traffico e traffico clandestino (art. 2).
Malgrado ciò, nella delucidazione di traffico di migranti non si fa riferimento
al migrante come vittima, né vi sono previsioni relative all’eventuale consenso
prestato. La scelta di non considerare vittima la persona che spontaneamente si
affidi a dei gruppi criminali che traggono profitto sull’immigrazione illegale
trova giustificazione nel differente incarico da esso svolto; non passivo in
relazione ai trafficanti bensì attivo, nel senso della consapevolezza e
determinazione di avviare un processo migratorio investendo un capitale proprio.
L’operazione di traffico è fondata spesso su relazioni di tipo contrattuale tra
il migrante e i trafficanti. Il primo ottiene un servizio (il trasporto
all’interno dei confini dello Stato) dai secondi in cambio di un beneficio
materiale o economico.
La definizione univoca di
tale fenomeno non è stata impresa semplice, poiché si trova dinanzi a una
illegalità di dimensione internazionale le cui definizioni ufficiali sono il
prodotto, non di valutazioni generiche, bensì degli obiettivi regolativi offerti
dagli stessi soggetti giuridici. Inoltre, la definizione del fenomeno ai fini di
prevenzione e di repressione rappresenta l’oggetto di accese polemiche, sia a
livello nazionale che a livello internazionale.
L’espressione “traffico
internazionale degli esseri umani” indica, approssimativamente, tutte le forme
di attività criminose che si costruiscono sul trasferimento, in apparenza legale
o totalmente illegale, di persone da uno Stato all’altro. Da una parte vi è il
“traffico” (in Italia chiamato soprattutto “tratta”) indirizzato allo
sfruttamento delle persone che ne sono oggetto e che trova la sua definizione
nella formula inglese Trafficking in human beings. Dall’altra parte, si
trova l’agevolazione dell’immigrazione clandestina, riconosciuta con
l’espressione inglese Smuggling of
migrants (letteralmente “contrabbando di
migranti”).
È necessario, inoltre,
evidenziare che fino ad ora è stato difficoltoso individuare una definizione
internazionalmente accettata di trafficking e/o di smuggling. Infatti,
dato il coinvolgimento di un numero elevato di organizzazioni e agenzie nella
analisi e nello studio di tale fenomeno, la confusione dilaga. Dagli inizi degli
anni ‘90, presa consapevolezza dell’espandersi sempre maggiore del fenomeno, si
è aperto un dibattito alquanto intenso sulla esatta definizione non solo dei
concetti di tratta e di traffico, ma anche di criminalità organizzata, dato il
coinvolgimento dei gruppi criminali in tali attività illecite. Bisogna
precisare, però, che la problematica della definizione del termine
trafficking non si limita a
una pura questione semantica. Infatti, senza una chiara comprensione e una
giusta definizione di cosa sia tale fenomeno, non è possibile sviluppare una
solida base giuridica per perseguire i trafficanti, né tantomeno approntare
efficaci strumenti empirici volti a bloccare ed eliminare lo sviluppo di tale
attività. Nell’intento di
definire il traffico è stato scritto: “The wide and increasing concern over trafficking migrants does not imply that a clear,
simple and commonly accepted
definition of such activities is readily available”. La presente dichiarazione mostra apertamente la situazione che ha dominato per molti
anni. Stati, europei e non, istituzioni statali, organizzazioni non governative
e ricercatori hanno differito nella loro percezione di che cosa il traffico
riguardi, e questo è stato visto come una insormontabile barriera alla
comprensione del dilemma.
Si è altresì concordato sul
fatto che l’assenza di una definizione legale univoca del crimine di traffico ha
creato difficoltà nell’analisi del fenomeno, e di conseguenza lo sviluppo e
l’applicazione di una omogenea azione di salvaguardia o repressione del crimine
stesso. L’aumento di tale confusione si è generato dal fatto che le diverse
istituzioni competenti al riguardo hanno sempre impiegato una vasta gamma di
termini per denotare il fenomeno: alien smuggling, trafficking of aliens,
illegal immigrant smuggling, human
trafficking, trade of
human beings, human commodity trafficking, human trade,
trafficking
in human beings, trafficking in persons.
E ne consegue che la
discrepanza dei termini utilizzati ha portato come risultato un potenziale
differente approccio al problema. A ciò si deve associare il dibattito
incentrato sulla problematica se il traffico possa essere ritenuto una forma di
immigrazione clandestina e quindi se possa venire ostacolato con gli stessi
strumenti legali che vengono adoperati per fronteggiare quest’ultima.
Al contrario, lo
smuggling (letteralmente “contrabbando”) di persone, implica soltanto l’agevolazione
nell’attraversamento illecito dei confini. Tale azione deve essere considerata
senza dubbio illegale. La caratteristica di tale concetto è che per il Budapest
Group 2
non sorgono disuguaglianze tra l’azione di coloro che favoriscono l’ingresso
clandestino all’interno di un Paese e coloro che vi entrano clandestinamente,
poiché entrambi commettono un reato.
In questa condizione di
indeterminatezza lessicale e di conseguente espansione dei fenomeni, è sorta
l’esigenza di uniformare i concetti e di individuare degli strumenti di
soluzione internazionalmente validi e applicati. Per tale ragione, l’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite ha costituito l’Ad Hoc Committee on the Elaboration
of a Convention against Transnational Organized Crime, per elaborare il testo di
una convenzione contro il crimine organizzato, connesso a due protocolli
addizionali: uno sul “traffico di migranti”,
Protocol against the Smuggling of Migrants
by Land, Air and Sea, e l’altro sulla “tratta di persone”,
Protocol to Prevent, Suppress and Punish
Trafficking in Persons, Especially Women and Children. In ciascuno dei due
Protocolli è stato dedicato un articolo alla precisa definizione del fenomeno
trattato. L’articolo 2, lettera (a) del Protocollo per combattere il traffico di
migranti, definisce l’espressione “traffico di migranti” come il procurare, al
fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o
materiale, l’ingresso o la permanenza illegale di una persona in uno Stato Parte
di cui la persona non è cittadina o residente permanente. L’espressione “tratta
di persone”, invece, è considerata nell’articolo 3, lettera (a) del Protocollo
per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, e indica il
reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o accogliere persone
tramite l’impiego o la minaccia dell’impiego della forza o di altre forme di
coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di posizioni di
vulnerabilità o tramite il dare o ricevere somme di denaro o vantaggi per
ottenere il consenso di una persona che ha l’autorità su un’altra a scopo di
sfruttamento. In italiano occorre quindi utilizzare i termini ‘traffico’ e
‘tratta’. Il traffico deve essere inteso come l’insieme delle attività legate
all’immigrazione illegale. L’introduzione clandestina consiste soltanto nella
fornitura di un servizio da parte di un intermediario che, illegalmente, procura
la possibilità al migrante di attraversare un confine. Dopo di che, si
interrompe il legame con il migrante. La tratta, invece, riguarda l’insieme
delle attività legate allo sfruttamento non solo sessuale, delle donne e dei
ragazzi, ma anche degli uomini costretti a lavorare in condizione di schiavitù.
Glossary
ACCEPTANCE OR APPROVAL: Accettazione o approvazione. Strumenti che
esprimono il consenso di uno Stato di aderire a un trattato.
ACCESSION: Adesione. Atto secondo il quale uno Stato diventa parte di un
Trattato già negoziato e firmato da altri Stati.
ACCUSED PERSON: Imputato. Persona accusata di un reato nell’ambito del
processo
penale.
AMENDMENT: Emendamento. Proposta di parziale modifica di un disegno di
legge in ambito legislativo, prima che esso diventi legge a tutti gli effetti.
BILATERAL OR MULTILATERAL AGGREEMENTS OR ARRANGEMENTS: Accordi o intese bilaterali o
multilaterali. Accordi internazionali in forza dei quali due o più Stati si
impegnano ad applicare, nei rispettivi territori, nei confronti dei cittadini
migranti dell’altro Stato, un regime di disposizioni concordate.
CONVENTION: Convenzione, accordo. Nell’ambito internazionale, si
riferisce alle convenzioni internazionali, le fonti di legge, alle regole e ai
principi di diritto internazionale. Questo impiego generico del termine a volte
permette ad esso di essere impiegato come sinonimo di “trattato”.
CRIMINAL ORGANIZATION: Organizzazione criminale. È un qualunque insieme
di individui che, unitisi in un solo gruppo per lo più improntato su una
scala gerarchica, compiono azioni contrarie alle
leggi o crimini di varia natura. Spesso, lo scopo ultimo di un’organizzazione
criminale è quello di creare un profitto economico (in questo caso, si può
parlare anche di holding criminale). Un’organizzazione criminale può trovarsi
quindi coinvolta in attività quali traffico di droga, prostituzione, traffico di
esseri umani, riciclaggio di denaro sporco, corruzione ai pubblici uffici,
mercato nero. Quando invece lo scopo ultimo non è il profitto economico, le
attività criminali possono essere ricondotte a violenze politiche o religiose,
razzismo, terrorismo, crimini contro l’umanità.
DECLARATION: Dichiarazione. Nell’ambito internazionale, fa riferimento a
un documento di natura unilaterale o multilaterale, ossia vincolante tutte le
parti firmatarie, Paesi oppure Organizzazioni Internazionali, esprimendone la
volontà.
EXTRADITION: Estradizione. È una forma di cooperazione giudiziaria tra
Stati e consiste nella consegna da parte di uno
Stato di un individuo, che si sia rifugiato nel suo territorio, a un altro Stato
affinché venga sottoposto al giudizio penale (in questo caso si ha estradizione
processuale) o alle sanzioni penali se già condannato (in questo caso si ha
estradizione esecutiva).
HUMAN TRAFFICKING: Traffico di esseri umani. È il reclutamento, il
trasporto, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di una o più persone,
usando mezzi illeciti ai fini dello
sfruttamento. Lo sfruttamento comprende almeno lo
sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale,
il lavoro o i servizi forzati, la schiavitù o le pratiche analoghe alla
schiavitù, la servitù o il traffico di organi.
ILLEGAL IMMIGRATION: Immigrazione clandestina. L’ingresso di cittadini
stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del Paese di destinazione.
Gli immigrati sono mossi dalla ricerca di condizioni di vita migliori, perché
spesso i Paesi di provenienza sono poveri, oppure in quei Paesi non vengono
rispettati i diritti civili. L’immigrazione clandestina, così come quella
regolare, è un fenomeno di cui sono oggetto generalmente i Paesi più ricchi. Si
tratta spesso di flussi misti nell’ambito dei quali si spostano sia migranti che
rifugiati, seguendo rotte e modalità di trasporto simili. Tali spostamenti
vengono definiti irregolari, poiché spesso avvengono senza la necessaria
documentazione e di frequente coinvolgono trafficanti di esseri umani. Le
persone che si muovono in questa maniera spesso mettono a rischio la propria
vita, sono obbligate a viaggiare in condizioni disumane e possono essere oggetto
di sfruttamento e abuso. Da un punto di vista politico, l’immigrazione
clandestina va a toccare una serie di grandi questioni sociali quali:
l’economia, il welfare state, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la
schiavitù, la prostituzione, le protezioni giuridiche, il diritto di voto, i
servizi pubblici e i diritti umani.
ORGANIZED CRIME: Criminalità organizzata. L’insieme delle attività
criminali compiute da più persone che operano attraverso una rete organizzativa
articolata con lo scopo di raggiungere un profitto economico, oppure di creare
consenso su una linea politica.
PROTOCOL: Protocollo. Nel diritto sia nazionale che internazionale sta a
indicare un dato insieme di regole di un accordo.
RATIFICATION: Ratifica. Atto mediante il quale lo Stato esprime il
proprio definitivo consenso a essere vincolato dal trattato. A partire da tale
momento, lo Stato Parte deve rispettare le disposizioni del trattato e metterlo
in applicazione.
SIGNATURE: Firma di un trattato. Atto mediante il quale lo Stato esprime
il proprio interesse nel trattato e la propria intenzione di diventarne Parte.
Lo Stato non è vincolato dalla firma. Ha tuttavia l’obbligo di non privare un
trattato del suo oggetto e scopo finché non ha chiaramente manifestato la
propria intenzione di non divenire parte di quel trattato.
TRAFFICK: Traffico. Attività di commercio, specialmente illegale.
TRANSNATIONAL CRIME: Il crimine transnazionale. Secondo la definizione
adottata dalla Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale
firmata a Palermo nel dicembre del 2000, un reato è transnazionale se è commesso
in più di uno Stato; è commesso in uno Stato, ma è preparato, controllato e
diretto in un altro Stato, se vi è implicato un gruppo criminale organizzato
impegnato in attività criminali in più di uno Stato. La convenzione dispone
l’introduzione negli ordinamenti degli Stati firmatari del reato di associazione
criminale di tipo mafioso, sul modello della legislazione italiana e di quella
degli Stati Uniti, che prevede il reato associativo nella forma di
conspiracy, di norme contro il riciclaggio e contro la corruzione, per la confisca dei beni
derivanti da attività illecita. Due Protocolli aggiuntivi riguardano la tratta
di persone, in particolare di donne e bambini, e il traffico di migranti.
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