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L’analisi del presente articolo si concentra sull’uso dell’inglese che caratterizza il linguaggio della moda.
Il linguaggio della moda si muove fondamentalmente in tre lingue, mixate e declinate in un melting pot: francese, inglese e italiano ma l’inglese funge da “interlingua” o in ogni caso da serbatoio generale a cui attingere per coniare nuovi lemmi o nuove espressioni. La tendenza all’uso dell’inglese è imperante in quanto l’editoria italiana della moda dipende da quella USA: “In Italia le nostre riviste di moda sono per pigrizia e mancanza di fantasia praticamente scritte in inglese come se l’italiano non lo conoscesse più nessuno e come se il nostro paese non contasse più nulla nel mercato dell’eleganza 1”.
Il testo di Roland Barthes, Il sistema della moda 2 (1967), resta al momento l’unica opera sistematica che analizza in maniera compiuta il linguaggio della moda attraverso le riviste. Negli anni ‘70 cominciavano a essere presenti i primi studi sul linguaggio scientifico, medico e legale, e in particolare andava chiarendosi il ruolo che l’inglese aveva come lingua franca in tutti campi della comunicazione. Il potere dell’inglese come global language appare sempre più forte e lo dimostra la nascita dei “new Englishes” al di fuori del cosiddetto “inner circle” 3. In Italia, dove le dominazioni storiche e politiche si sono avute in passato con indubbie conseguenze sulla nostra lingua e sui nostri dialetti, sembra che si stia verificando un nuovo fermento tutto nostrano, la nascita di una sorta di “itangliano” 4 derivante dall’American English.
Irene Darrelli nel capitolo Lessico della moda 5 offre una summa aggiornata di quelli che sono i principali studi sui rapporti tra linguistica e moda, un mondo che ha la “necessità di sperimentare un linguaggio proprio”, caratterizzato da “germinazione spontanea ed improvvisa” e per la quale sono presenti, anche se non abbondanti, dal 1981 in poi, “indagini diacroniche dei sistemi linguistici”. Come il creatore di moda è “dotato di una sorta di facoltà alchemica che lo rende capace di imporre uno schema vestimentario innovativo, mentre è ancora in vigore un codice normativo diverso e spesso opposto, così il linguaggio è sempre disposto a trovare nuovi modi per esprimere la moda con espressioni sempre più creative”.
Al Sisthéme de la Mode di Barthes, Darrelli riconosce il primato come opera di analisi sistematica del linguaggio della moda, ma ne evidenzia anche il difetto di essere poco ancorato alla realtà, per il fatto di non prendere in considerazione quanto la complessità della realtà influenzi il linguaggio. Perciò l’indagine sui termini della moda evidenzia un significato culturale, le interpretazioni dei termini vanno contestualizzate storicamente, perché toccano, come nel caso delle riviste, la quotidianità pubblica e privata.
Nel capitolo della Darrelli vengono analizzate le etimologie di fashion e mode, lemmi rispettivamente inglese e francese per l’italiano ‘moda’.
- Fashion deriverebbe da façon passando per l’inglese medio facioun, da cui per affissazione deriverebbe fashionable 6, lemma certificato nel regno britannico già nel XVII secolo e in seguito adottato in Francia per definire i dandy anglofili in Francia all’epoca di Luigi Filippo d’Orleans (1830-1848);
- Mode, invece, deriva dal francese mode, che a sua volta deriva dal latino modus, ossia ‘modo, foggia, maniera’. Il lemma appare nel Quattrocento in area francese, nel significato sia di ‘moda passeggera’, sia di ‘stile’.
Fashion e mode nelle due lingue sono praticamente sinonimi, ma mode assume un significato più “classico” mentre fashion si riferisce a quello più “attuale”.
In Italia, a partire dagli anni ‘70, con la nascita di Vogue Italia, si assiste a una diffusione graduale di termini di matrice anglo-americana, prevalentemente forestierismi. Il termine stylist compare nel 1965 con la nascita del modello produttivo del ready to wear.
Altri veri e propri calchi dall’inglese sono catwalk e runaway per indicare la passerella.
- Catwalk , si riferisce al passo più lento e sensuale, quasi felino, delle modelle, che sfilano per la haute couture;
- Runaway,più veloce e furba, è la passerella che mima i ritmi metropolitani per il ready to wear.
In definitiva secondo la Darrelli, in un mondo globale non è possibile sottrarsi all’influenza delle invenzioni linguistiche d’oltreoceano: “Dalla metà degli anni ‘60, con una accelerazione degli anni ‘80, il vocabolario specializzato si arricchisce di termini anglo-americani in linea con la tendenza a stimolare un programma globale del commercio e dei comportamenti”.
Nel linguaggio settoriale della moda esistono due modi di produzione di senso: il trickle-down, che fa riferimento alle teorie di fine ‘800 che interpretano la moda come ‘sgocciolamento’ dall’alto verso il basso della scala sociale, e il bubble-up usato a proposito delle sottoculture in cui dagli strati sociali più bassi prendono vita stili e sistemi di senso che “esplodono” verso l’alto 7.
Per tale motivo, nel primo caso il linguaggio della moda assume come caratteristiche lessicali la precisione, la monoreferenzialità e la trasparenza, quello dei linguaggi tecnico- settoriali, dei materiali e dei macchinari di produzione e dei principali tipi dei modelli “classici” (esempio: tailleur, smoking, redingote, così come sono rintracciabili in qualsiasi dizionario). Nel linguaggio della moda dei mass media, invece, risulta forte la presenza di enfasi e figure retoriche, l’uso di sigle, acronimi (per esempio LBD, che sta per Little Black Dress 8, il tubino), ambiguità e instabilità semantica, cioè una grande capacità di trovare nuove espressioni giocando con le varie lingue, mixando lingua letteraria e gergo comune.
Nei titoli degli articoli delle riviste di moda il meccanismo più frequente è senza dubbio il wordplay, il giocare con i termini, i sinonimi e i suoni delle parole. Il giornalista di moda intende il linguaggio quasi come una continua sfida, un terreno dove sfidarsi all’ultimo neologismo, per trasformare il nesso tra i vari lemmi e arricchirli di nuovo senso.
Tra gli aspetti sintattici che caratterizzano il Fashion English si annoverano:
- Omissione di elementi frasali: l’eliminazione di lemmi “inutili” e che in qualche modo possono rallentare la comunicazione (preposizioni, congiunzioni, articoli, ecc. come evening gown ‘abito da sera’).
- Sinteticità espressiva: per evitare il ricorso a troppe subordinate relative si usano aggettivi con affissazione in –able (fashionable, wearable).
- Premodificazione: attraverso l’uso di stacked noun phrases con o senza hyphen, contenenti il participio presente con funzione aggettivale o di complemento oggetto (es. cool hunting, wool-producing factory) o comunque costituiti da più lemmi in un sintagma che nel giusto contesto e con i gusti destinatari vengono agevolmente compresi (esempio: turtle neck sweater, ‘maglione a collo alto’; long tail evenng gown, abito da sera con lungo strascico).
- Nominalizzazione: l’uso del sostantivo al posto di un verbo per esprimere un concetto riferito a una determinata azione.
- Densità lessicale: con più sostantivi e meno verbi, conseguenza diretta della nominalizzazione.
- Minore complessità del periodo, che risulta essere più semplificato a favore di frasi principali e poche subordinate.
- Lunghezza del periodo, a volte maggiore rispetto alla lingua comune, in ogni caso con la presenza di regole elastiche laddove esigenze particolari determinano “incongruenze e conflitti con le regole generali della lingua”. Da qui la capacità di giocare con la lingua e dar vita a wordplay.
- Uso dei verbi, con abbondanza di –ing forms e di forme passive.
- Spersonalizzazione, evitando la prima persona singolare e preferendo forme generiche.
Sui fashion magazines si assiste al continuo gioco della contaminazione e della esterofilizzazione della lingua italiana. Un po’ come è accaduto con il linguaggio informatico nell’era di Internet, una cui analisi approfondita è stata effettuata dalla Dottoressa Antonella Distante nel libro Wordbuster 9, l’inglese del mondo della moda è stata la “lingua giusta al posto giusto” 10. È così che gli stilemi dell’advertising slang, la ridondanza, la nominalizzazione tipica dell’inglese, la polisemia, l’uso delle metafore sono entrati a far parte del linguaggio della moda soprattutto nella titolazione ma anche nel corpo dell’articolo.
Esempi:
“Charme contemporaneo in computer graphic per sei petites demoiselles en cuir. Un artwork accattivante avant garde che interpreta la tannery collection” 11.
“Foho” is about a more understated, eclectic mix, fusing classic Boho elements - Seventies silhouettes, crochet trims and trippy hippie prints - with more subtle folk pieces, such as washed-out denim and traditional embroideries. Crucially, it also throws in something modern like a great big shiny It-bag or über-cool trainers. It's cooler and far more authentic than Boho and owes more to the original folk look of the Seventies 12.
Beat generation: c’è voglia di casual mix: il look ruvido dei biker, fatto di pelle e suede, si mescola a quello dei college americani, colorato e “very preppy” 13.
Un party in piscina, sexy, glamourous, molto eighties. Dress code: abiti fluidi, gonne-pantalone e clutch 14.
Abito lungo plissè in jersey e lurex, Bangle in metallo e pelle, sandali con pietre décor. Miniabito peplo in viscosa e pump open toe in struzzo 15.
In conclusione, il linguaggio della moda è caratterizzato da una doppia anima: estremamente rigoroso e scientifico quando si parla di abbigliamento in senso tecnico, paradossalmente “libero” e giocoso come uno spot pubblicitario, invece, quello dei mass media. Questo linguaggio settoriale appare poco italiano e molto American English, un “itangliano” della moda, che non può né assurgere a rango di linguaggio specialistico né restare semplicemente un gergo della moda. In quanto linguaggio di una realtà in continua evoluzione, il Fashion English è soggetto a continui cambiamenti e mutazioni.
Glossario
Termini tecnici
B. C. B. G.
Sigla di Bon Chic Bon Genre.
Indica uno stile d'abbigliamento borghese, fatto di equilibrio e buon gusto.
BEAUTY
Oltre che ‘bellezza’ si riferisce anche a una tipologia di foto, il primo piano. Le foto beauty sono usate soprattutto per riprodurre acconciature e make-up particolari.
DANDY
Capo d'abbigliamento maschile o femminile oppure persona che riprende il gusto particolarmente elegante e ricercato secondo lo stile di George Brian Brummel, che dettava moda nell'aristocrazia inglese del XIX secolo.
DARK
Da dark, ‘scuro’. Movimento giovanile inglese degli anni ‘80, che sceglie il nero totale per vestirsi, al quale aggiunge borchie, pizzi, merletti e accessori gotici come pesanti croci. Incarnato pallido, occhi pesantemente bistrati di nero, capelli corvini o rosso vino, rasati sulle tempie ne definivano lo stile 16.
DESIGNER
Per esteso anche fashion designer: è lo stilista (da non confondere con stylist, vedi la voce relativa), colui che crea o dà il nome alla collezione.
FASONISTA
Fassonista. Termine che deriva dal francese (lavorazione “à façon”, per definire capi d'abbigliamento confezionati in serie, su di un modello base). Oggi, il fasonista si identifica con un confezionista o un'azienda di confezioni che realizza capi d'abbigliamento per conto terzi, generalmente con materiale semilavorato (ad esempio il tessuto precedentemente tagliato). Il lavoro dei fasonisti, che spesso operano parallelamente con uno o più marchi propri, si rivolge a boutique, negozi di moda ma, soprattutto, alla grande distribuzione che appone ai capi una propria etichetta, un proprio marchio, quando la lavorazione “à façon” non è richiesta da firme note che non hanno la possibilità di produrre grandi quantità di modelli 17.
FASHION VICTIM
Persona schiava dei dettami della moda.
FASHION SHOW
La sfilata di moda.
HAUTE COUTURE
Termine francese che significa ‘alta moda’, più usato del termine inglese high fashion (vedi la voce relativa). Si tratta della moda sartoriale con abiti ricercati ed eleganti. Gli abiti prodotti sono simbolo di eleganza e raffinatezza non sono realizzati in maniera industriale, ma ogni collezione ha un alto valore sartoriale, e sono spesso prodotti su commissione per clienti di prestigio e personalità di tutto il mondo.
HIGH FASHION
Significa ‘alta moda’, più usato il termine francese haute couture (vedi la voce relativa).
POP
Nel settore del commercio si tratta dell’acronimo di Point Of Purchase, letteralmente punto di acquisto.
POS
È l’acronimo di Point Of Sale (o Point Of Service), termine tipico del marketing: è il punto vendita, il negozio, il luogo dove si acquista un prodotto o un servizio. Vedi anche POP.
PRÊT-À-PORTER
Letteralmente significa ‘moda pronta da indossare’; il termine in questo caso è francese, ma viene usato spesso anche in inglese senza essere tradotto: ready-to-wear (vedi la voce relativa). Indica la collezione moda donna o uomo di tipo più commerciale, di realizzazione non sartoriale, ma industriale.
STAGE
Nella moda il termine indica la passerella sulla quale le modelle o i modelli sfilano durante la stagione delle sfilate o in altre occasioni. Il significato primario del vocabolo inglese è ‘palcoscenico’ e la passerella è senza dubbio il palcoscenico dove va in scena la moda. Un altro termine, usato soprattutto negli Stati Uniti, per indicare la passerella è catwalk 18. Vedi supra.
UNDERSTATEMENT
Riferito a un modo di vestire sottotono, che tende a far apparire più modesto lo status sociale di una persona.
WHITE TIE
Sinonimo di ‘frac’, in quanto s'indossa con il cravattino bianco (white tie).
Neologismi
"A-LINE DRESS"
Si tratta di un abito che si fa sempre più ampio verso il basso e per questo somigliante alla lettera A 19.
ATHLEISURE
Blend di athletic (‘atletico’) e leisure (‘tempo libero’). Viene utilizzato per definire un nuovo modello di scarpe che possono essere usate sia per l’ufficio che per il tempo libero o per praticare sport 20.
ALLURE BOYSH
Taglio quasi maschile ma allo stesso tempo sexy di un capo femminile 21, 22.
BAGGYS
Sono i pantaloni sovradimensionati portati ben al di sotto della vita mettendo in evidenza gli slip. Uno stile che cita il carcere (dove le cinture sono proibite per paura che i detenuti le usino per suicidarsi) e molto diffuso soprattutto nella comunità afroamericana. Il fenomeno è ormai diffuso anche in Italia. In Louisiana numerose comunità hanno dichiarato guerra ai baggys richiedendo una legge che renda obbligatorio l’uso della cintura 23.
BED HEAD
Letteralmente è la ‘testiera del letto’. Si riferisce a una acconciatura dei capelli volutamente disordinata, come appena svegli.
B-BOY
Un b-boy era originariamente un ballerino di breakdance. Nel corso del tempo, il termine è stato usato nell'accezione più generale che include chiunque faccia parte dell'area della cultura hip hop. Il termine breaker, in origine un sinonimo, mantiene il significato iniziale, ed è stato coniato il termine b-girl per riferirsi alle ragazze.
BEATER
Conosciuto anche come wife-beaters. Una beater è una maglia senza maniche che originariamente veniva indossata dagli uomini come indumento intimo. Coloro che la indossano come T-shirt vogliono adottare un look che dia l’idea di appartenere alla classe povera (da cui il soprannome che negli USA veniva dato a coloro che appartenevano alle classi povere: i wife beater, coloro che picchiano la moglie”) 24.
BIRKIN
Si tratta di un modello di borsa di Hermes che nacque nel 1984 dall’estro di Jean Louis Dumas (diventato in seguito presidente della maison). Si narra che l’abbia disegnata dopo un volo Parigi-Londra al fianco dell’attrice Jane Birkin che lamentava, rovistando nella sua borsa in vimini, quanto fosse difficile trovare un modello capiente ma al tempo stesso elegante. Dumas promise all’attrice che avrebbe pensato lui a realizzarne una perfetta per le sue esigenze e vide così la luce la leggendaria Birkin, in pelle morbida e preziose chiusure color oro, declinata poi in un numero imprecisato di modelli con tanto di liste d’attesa interminabili nelle boutique di tutto il mondo 25.
BLING BLING
Il termine, nello slang hip hop, si riferisce ai gioielli costosi e appariscenti, bardature di cui amano letteralmente ricoprirsi i rapper americani famosi per il loro stile di vita costruito sugli eccessi e sull'ostentazione 26.
Bling viene usato come sostantivo e come verbo ed è entrato a far parte del linguaggio comune, appare sulle riviste di moda, sui quotidiani ed è avulso ormai dalla sua accezione originaria 27. Ora è spesso usato per definire l’ostentazione del lusso e spesso è stato riferito al presidente francese Sarkozy, che non esita a mostrare il suo successo materiale 28!
BO-BO
Blend di Borghesi+Bohémiens, intellettuali un po’ snob: una conciliazione fra lo chic e il trasgressivo, il protagonismo e l’understatement (vedi la voce relativa). Il Bobo è ricco ma non lo ostenta vestendosi molto casual. “Il Bo-Bo si interessa alla New Economy, è creativo, un trenta-quarantenne che ha come obiettivo principale quello di guadagnare un sacco di soldi, ma che non si considera né rigido né noioso. Di lui parlano tutti i giornali e gli studi di marketing, e su di lui puntano gli operatori della moda” 29.
BOHO-CHIC Il Boho-chic è uno stile con influenze bohémien e hippy. Il termine è una abbreviazione del francese bohémien. In origine i bohémien erano viaggiatori o rifugiati provenienti dall’Europa centrale e in inglese il termine francese bohémien viene tradotto con gipsy. Il termine viene usato per le personalità più diverse. Secondo lo scrittore e storico A. N. Wilson, Winston Churchill sarebbe stato il primo “pre-First World War Bohemien” 30, per i suoi completi di lino che destarono tanta curiosità quando giunse in Canada nel 1943.
CARGO
Pantaloni di taglio disinvolto e sportivo, larghi e comodi, con grandi tasche laterali applicate e coulisse in vita 31.
CELEBRITY WATCHING
“Guarda che cosa porta la star e poi ordina in negozio”. Tecnica di product placement. Con la complicità della stampa e dei serial TV, si fanno diventare oggetti di culto delle ‘fashion victim’ accessori come borse e scarpe. Vedi anche “It-bag”.
CHAV
Anche Charv/Charter. Ha un’accezione dispregiativa negli USA e si riferisce a persone che indossano capi d’abbigliamento di qualità scadente, spesso contraffatta. Si riferisce comunemente ai giovani che appartengono a una sottocultura associata alla classe povera e spesso coinvolti in attività criminali 32. L’etimologia più accettata vede l’origine del termine dalla parola rumena chavi, che significa bambino. Altre parole a essa collegate derivano dalla stessa radice e sono charva, che significa ‘prostituta’ e viene usata nell’Inghilterra nord orientale. Nello spagnolo moderno chaval, chavo o chavón significano lad, ‘ragazzo’ (esempio: “El Chavo, a Mexican” è una commedia televisiva il cui personaggio principale è un orfano, un ragazzo di strada 33).
CHUPPIES
Blend di Yuppies e China. Sono i nuovi ricchi cinesi 34.
EASY CHIC
Oggetti alla moda a basso prezzo, bassa qualità e quindi di rapido consumo 35.
EASY GOING
Abbigliamento comodo, facile da portare.
EMO
L'emo è spesso associato a un certo tipo di moda caratterizzata da jeans stretti e aderenti, con i capelli con una lunga frangia verso una parte della faccia o sopra uno o entrambi gli occhi colorati di nero. Sono frequenti t-shirt aderenti raffiguranti le band preferite, cintura con le borchie colorate con tonalità accese, scarpe da skater o in generale scarpe nere 36.
ETHICAL FASHION
Moda “consapevole”, etica. È la moda che ha cura delle persone, degli animali e dell'ambiente 37.
EXOGAL
Slang dei teenager, il termine si riferisce alle ragazze o alle modelle estremamente magre 38.
FASHIONISTA
Si tratta di un termine sarcastico riferito a una persona appassionata di moda. Non si riferisce solamente a chi indossa gli abiti alla moda, ma anche a chi scrive di moda e a chi li disegna, crea e pubblicizza capi di moda e infine ai buyer, le cui decisioni determinano il successo di una collezione.
Apparso sull’Oxford English Dictionary nel 1993, riferendosi a una opera di Stephen Fried intitolata Thing of Beauty: the Tragedy of Supermodel Gia, da allora la parola iniziò a diventare sempre più popolare e parte del linguaggio comune. È formata dalla parola fashion, a cui è aggiunto il suffisso –ista dallo spagnolo equivalente allo –ist inglese. Tale suffisso ha spesso un’accezione negativa in inglese. Fashionista originariamente aveva questa accezione e non ha ancora del tutto perso questo significato di frivolezza 39.
FAST FASHION
Il terminesta a indicare “il lasso di tempo che esiste tra l’emergere di un nuovo trend e la capacità dell’azienda di rispondere al trend rendendo il prodotto disponibile sul mercato per essere venduto. In altre parole, un brand fast fashion consegna ai consumatori le ultime novità delle passerelle nel più breve tempo possibile 40.
FLY-GIRL
Sinonimo di b-girl, la controparte femminile del b-boy nella cultura hip hop. Questo termine si riferisce specificamente a una ragazza che pratica questo stile di ballo 41.
FOHO
Termine coniato dal Daily Telegraph. Il termine è un blend di bohémien e folk. Si tratta di un mix di elementi in stile anni ‘70 con pezzi folk come ricami 42.
FUBU
Fubu, acronimo di for us by us, ovvero ‘per noi fatto da noi’ 43.
GHETTO FABULOUS
Look inventato dai rapper che si basa sullo street style con l’aggiunta di dettagli extra lusso come diamanti, pellicce e griffe. Lo scopo è quello di ostentare la ricchezza dei neri arricchiti dei ghetti. Vedi anche bling bling 44.
HOBO
Lo stile sciatto, trasandato, che si rifà a quello dei senzatetto. L’origine del termine non è chiara, ci sono diverse ipotesi. Todd De Pastino 45 suggerisce che il termine potrebbe derivare dal saluto “Ho, boy!”. Bill Bryson 46 suggerisce che potrebbe derivare da “Ho, beau!” oppure essere una abbreviazione di “homeward bound”. Secondo altre ipotesi, il termine potrebbe riferirsi a un incrocio di Manhattan tra la Houston e la Bowery dove i senzatetto si riuniscono. Esiste anche la Hobo Bag, che si rifà alla borsa tipica dei senzatetto americani dalla caratteristica forma a mezzaluna 47.
KELLY
Famosissimo modello di borsetta prodotta da Hermès, Parigi, creato negli anni ‘30, ma diventato popolare negli anni ‘50. Prende il nome dalla principessa Grace Kelly di Monaco, che ne lanciò la moda 48.
IT-BAG
Le it-bag sono le borse ostentate al braccio delle star, perennemente in lista d'attesa nelle boutique e copiatissime sulle bancarelle. Il termine fu coniato negli anni ‘90 con l’esplosiva crescita del mercato delle borse griffate. I designer creano un modello che venderà migliaia di unità diventando la borsa “del momento” 49.
GANGSTA
È lo stile degli afroamericani. Gangsta sta per ‘gangster’, dallo slang derivato dall'hip hop/rap, che attraverso testi violenti e spesso misogini si sofferma su temi come droga, sesso, armi, e in generale le attività criminali inerenti lo stile di vita delle bande di strada (come i crips) e dei gangster. Stile caratterizzato da jeans extra-large, lunghe collane e borchie bling bling (vedi la voce relativa) 50.
HEROIN CHIC
Dai tempi di Twiggy, quando le modelle dovevano essere magre a tal punto da far pensare di aver sofferto in passato di anoressia fino alla metà degli anni ‘90, questa immagine è andata sempre più accentuandosi. Le modelle appaiono spesso con occhiaie nere e sguardo vitreo, dando l’idea di essere delle vere drug addicted 51. La modella heroin chic per eccellenza è Kate Moss definita anche cocaine Kate 52.
HOODY
Un hoodie (o hoody, abbreviazione di hooded sweatshirt) è una felpa col cappuccio e una enorme tasca sulla parte anteriore. Lo stile hoody imita l’abbigliamento dei teppisti, che indossano il cappuccio per non farsi riconoscere. Gli hoodies sono stati spesso oggetto di critiche da parte delle autorità 53.
LGBT
LGBT (o GLBT) è un acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali, e Transgender (Transessuali). È considerato meno controverso del termine queer o lesbogay.
MUFFIN TOP
Termine dispregiativo dello slang delle teenager per definire una pancia “non tonica” che spunta da top corti e pantaloni a vita bassa.
MUST- HAVE
Un aggettivo/sintagma nominale, alla lettera “da dover avere”, quindi da avere a tutti i costi. Il termine è ormai stato adottato come forestierismo puro dalla nostra stampa 54.
NEWSBOY CAP
Come il nome suggerisce, si tratta del cappello che veniva indossato dallo strillone alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX secolo. Ora è diventato molto popolare ed è diffuso anche tra le donne.
NEWSTALGIE
Neologismo metà anglosassone (new) e metà francese (nostalgie), coniato dal parigino Bureau du Style Nelly Rodi, specializzato nell'anticipare e individuare le tendenze e che sta a indicare una modalità di recupero del passato che non lo riproduce tale e quale 55.
OLD SCHOOL
Il termine si applica a tutto ciò che è retro, vintage o classico.
PREP
Look “perbenino” ispirato al guardaroba adottato dalle università chic americane. Questo stile era la risposta agli sconvolgimenti del ‘68 e al look di Woodstock. Fu introdotto dal telefilm Happy days negli anni ‘70. “In Europa, all’epoca, recepivamo la modernità attraverso i film Usa. Essere Preppy significava essere estremamente pratici, ancor più che formali. Quello stile derivato dai college americani era segno di modernità. Perché non ispirarvisi dopo il ‘68?" (Elio Fiorucci)” 56. Chi adotta lo stile preppy viene definito Prepster.
RUGBY
Le rugby sono le polo a strisce originariamente indossate dai giocatori di rugby ma sono state in seguito adottate come uniforme da molti prepster (vedi preppy) 57.
SPAGHETTI STRAP
Sono le bretelline sottili delle canotte o di alcuni abitini. Il nome si riferisce alle bretelle sottili come spaghetti.
SUPERDEL
Clipping della parola supermodel, le modelle strapagate.
TIMBS
Abbreviazione delle scarpe Timberland.
TRENDISTA
Modaiolo
TROUT POUT
‘Labbra da trota’: termine dispregiativo per definire le labbra pronunciate tipiche delle donne che si sono sottoposte a chirurgia estetica per renderle più carnose.
TRUCKER HAT
‘Cappello da autotrasportatore’, è più comunemente conosciuto come cappello da baseball 58.
THE KING
Per la stampa internazionale è Giorgio Armani 59.
URBAN CHIC
Abbigliamento sofisticato, alieno da qualsiasi ostentazione; gli abiti sono apparentemente semplici ma impeccabili.
VALLEY GIRL
Gli abitanti della West Coast americana, specie i californiani, definiscono valley girl, letteralmente‘ragazza della vallata’, tutte le ragazze che si trasferiscono proprio dalla vallata alla metropoli 60.
WHALE TAIL
‘Coda della balena’ è il triangolo del perizoma visibile al di sopra della linea dei pantaloni a vita bassa, volutamente messo in evidenza dalle teenager. Il nome deriva dalla sua somiglianza con la coda della balena. La crescente popolarità dei pantaloni a vita bassa ha determinato l’esposizione delle whale tail alla fine degli anni ‘90. Il primo stilista a lanciare questa moda è stato Gucci, alla fine degli anni ‘90, moda ripresa successivamente dalle pop star 61. Il termine è stato scelto dall’American Dialect Society (un gruppo di linguisti, editori e docenti universitari) nel gennaio del 2006 come la parola più creativa del 2005. Altri termini premiati dal gruppo sono stati muffin top (vedi la voce relativa). Sali Tagliamonte, professore associato di linguistica presso la University of Toronto, ha notato che le ragazze sono più brave dei ragazzi nella creazione e la diffusione di neologismi. Il successo di tale termine è confermano dalla sua apparizione in numerose riviste di moda. Wayne Glowka, membro del Georgia College e presidente del New Word Committee of the Dialect Society, ha dichiarato a tal proposito: “Language is just going on its merry way, creating many new words. It's time for men to win something.” 62
WONDERBRA
Reggiseno leggermente imbottito che sostiene ed esalta il seno, mettendolo in evidenza. Lanciato nel ‘94 negli Stati Uniti. Parola composta da wonder (‘meraviglioso’) e bra (‘seno’).
WNTW
Acronimo di WHAT NOT TO WEAR, da un programma della BBC in cui degli esperti di moda esprimevano i propri giudizi sul look delle star.
YAWN
Acronimo di Young and Wealthy but Normal, cioè straricchi alternativi. Vip, attori o manager che si sono arricchiti con la new economy 63.
Bibliografia
Aspesi Natalia, “Moda autarchica. I vestiti di regime della donna fascista”, La Repubblica (30 ottobre 2005).
Barthes, R., 1967, Système de la Mode, Paris, Seuil; trad. it., 1970, Sistema della Moda, Torino, Einaudi.
Cavaliere, Massimo, Il linguaggio della moda tra parole e immagini: EF (English for Fashion) tra linguaggio specialistico e “giornalese” della moda, Tesi.
Crystal, Davis, English as a Global Language, Cambridge University Press, 1997.
D La Repubblica delle Donne N° 587, marzo 2008.
Darrelli, I., Lessico della Moda, Enciclopedia della Moda, volume “Universo Moda”, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.a., Roma, 2005.
Distante, Antonella, WORDBUSTER, il linguaggio dell’ICT, edito dalla Casa Editrice Università “La Sapienza”.
Glamour n° 194 – Edizioni Condé Nast – aprile 2008.
Glamour n° 195 – Edizioni Condé Nast – maggio 2008.
Il Venerdì di Repubblica, pag. 94, 11 gennaio 2008.
Pollo Paola, “L’abito che cambiò le donne. Il tubino nero compie 80 anni”, Corriere della Sera, 25 marzo 2006.
Simmel, G., 1895, Zur Psychologie der Mode, <<Die Zeit. Wiener Wochenschrift für Politik, Volkswirtschaft, Wissenschaft und Kunst>>, V vol. n. 54; trad. it. 1976, “La moda”, in Arte e civiltà, Milano, Ised.
Vogue – Edizioni Condé Nast – settembre ‘05.
Sitografia
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http://dellamoda.it/dizionario_della_moda/f/fasonista.php
http://dellamoda.it/modifica_dizionario_della_moda.php?elmKey=hermegraves&lang=it
http://dweb.repubblica.it/dettaglio/Le-it-bag-imperversano-a-Hollywood/43007?type=ModaArticolo&sub=tendenze
http://dweb.repubblica.it/dweb/2006/04/08/bellezza/bellezza/220sta494220.html
http://en.wikipedia.org/wiki/Boho-chic
http://en.wikipedia.org/wiki/Whale_tail
http://fashion.about.com/cs/glossary/g/beater.htm
http://fashion.about.com/cs/glossary/g/bldefaline.htm
http://fashion.about.com/cs/glossary/g/bldefrugby.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/B-boy
http://it.wikipedia.org/wiki/Gangsta_rap
http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/politics/5166498.stm
http://paris.cafebabel.com/it/post/2008/01/28/Carla-Bruni-ultima-fase-della-destra-bling-bling
http://principe-guido.blogspot.com/2006/05/fashion-preppy-style.html
http://www.chinadaily.com.cn/citylife/2006-05/17/content_592835.htm
http://www.investopedia.com/terms/y/yawn.asp
http://www.istud.it/sez1256pag904.asp
http://www.logosdictionary.org/fashion/fashion_dict.view_definition?code=1032086&lingua=IT
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1 Natalia Aspesi, “Moda autarchica. I vestiti di regime della donna fascista”, La Repubblica, 30 ottobre 2005.
2 Barthes, R., 1967, Système de la Mode, Paris, Seuil; trad. it., 1970, Sistema della Moda, Torino, Einaudi.
3 Definizione di David Crystal in English as a global language, Cambridge University Press, 1997. Per “ inner circle”, si intende, in una ideale rappresentazione schematica a onde, il ‘primo cerchio’ – quello più interno – dei parlanti la lingua inglese.
4 Distante, Antonella, “ WORDBUSTER, il linguaggio dell’ICT”, edito dalla Casa Editrice Università “La Sapienza”.
5 I. Darrelli, Lessico della Moda, Enciclopedia della Moda, volume “Universo Moda”, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.a., Roma, 2005 pag. 469 e ss.
6 Vedi in seguito i termini “Fasonista” e “Fashionista”.
7 Simmel, G., 1895, Zur Psychologie der Mode, <<Die Zeit. Wiener Wochenschrift für Politik, Volkswirtschaft, Wissenschaft und Kunst>>, V vol. , n. 54; trad. it. 1976, “ La moda”, in Arte e civiltà, Milano, Isedi, pp. 19-44.
8 “In America e in Inghilterra non c’è festa serata, cocktail che non sia popolata di ragazze e signore in LBD”, Paola Pollo, “L’abito che cambiò le donne. Il tubino nero compie 80 anni”, Corriere della Sera, 25 marzo 2006.
9 “ WORDBUSTER, il linguaggio dell’ICT”, edito dalla Casa Editrice Università “La Sapienza”.
10 English as a global language, second edition David Crystal, Cambridge University Press, Cambridge, 2003, xvi + 212 pp., paperback.
11 Vogue – settembre ‘05.
12 http://www.telegraph.co.uk/fashion/main.jhtml?xml=/fashion/2007/05/16/effoho116.xml
13 Glamour n° 194 – Edizioni Condé Nast – aprile 2008, pag. 487
14 Glamour n°195 – Edizioni Condé Nast – maggio 2008
15 Glamour n°195 – Edizioni Condé Nast – maggio 2008
16 http://www.logosdictionary.org/fashion/fashion_dict.view_definition?code=1032086&lingua=IT
17 http://dellamoda.it/dizionario_della_moda/f/fasonista.php
19 http://fashion.about.com/cs/glossary/g/bldefaline.htm
20 http://www.wisegeek.com/what-is-athleisure-clothing.htm
21 D La Repubblica delle Donne N° 587, marzo 2008.
22 www.verycool.it/2005/11/16/leasy-chic-di-stella-mccartney
23 Il Venerdì di Repubblica, pag. 94, 11 gennaio 2008
24 http://fashion.about.com/cs/glossary/g/beater.htm
25 http://dellamoda.it/modifica_dizionario_della_moda.php?elmKey=hermegraves&lang=it
26 http://www.voguegioiello.net/cont/news/0706/2000/
27 http://paris.cafebabel.com/it/post/2008/01/28/Carla-Bruni-ultima-fase-della-destra-bling-bling
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51 http://www.worldwidewords.org/turnsofphrase/tp-her1.htm
52 http://www.dailymail.co.uk/pages/live/articles/showbiz/showbiznews.html?in_article_id=426438&in_page_id=173
53 http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/politics/5166498.stm
54 Il linguaggio della moda tra parole e immagini: EF (English for Fashion) tra linguaggio specialistico e “giornalese'” della moda, Tesi di Massimo Cavaliere
55 http://dweb.repubblica.it/dweb/2006/04/08/bellezza/bellezza/220sta494220.html
56 http://principe-guido.blogspot.com/2006/05/fashion-preppy-style.html
57 http://fashion.about.com/cs/glossary/g/bldefrugby.htm
58 http://en.wikipedia.org/wiki/Trucker_hat
59 Il linguaggio della moda tra parole e immagini: EF (English for Fashion) tra linguaggio specialistico e “giornalese'” della moda, Tesi di Massimo Cavaliere
60 Il linguaggio della moda tra parole e immagini: EF (English for Fashion) tra linguaggio specialistico e “giornalese” della moda, Tesi di Massimo Cavaliere.
61 http://en.wikipedia.org/wiki/Whale_tail
62 http://www.americandialect.org/
63 http://www.investopedia.com/terms/y/yawn.asp
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