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Going green - Recycling Terms - Parte I

 
 

Analisi terminologica nel campo relativo al riciclo dei rifiuti, dalla loro semplice raccolta ai più dettagliati convogliamenti per finalità di recupero e/o smaltimento, con qualche breve accenno a termini appositamente “riciclati” per la creazione di una nuova terminologia

 
     
 

Cristina Dodich - Traduttrice e Interprete freelance, Associata ANITI

 
     
     
 

Nell’ambito delle recentissime e già meno recenti od oramai assodate tendenze di rispetto ambientale, sicuramente il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti giocano un ruolo fondamentale, sebbene nella vita di tutti i giorni noi vi dedichiamo ben pochi pensieri. Talvolta, anzi molto spesso per alcuni, tali pensieri si tramutano per lo più in invettive contro i gestori che ci costringono a dedicare “secondi” preziosi della nostra vita a pensare al bidone giusto per un corretto smaltimento (source separation) [1], a dovere tenere più bidoni (dustbins) dentro o fuori casa, a doverli portare nel punto di raccolta dedicato (dustbin pickup point) [2] per agevolare il lavoro degli operatori ecologici, un tempo semplicemente dustmen, oggi anche waste collectors, garbage collectors, trash collectors, recycling techs, … nelle varie parti del mondo anglofono [3].

Tralasciando però questa arte di “mugugnare” che caratterizza un po’ tutti i cittadini nei confronti di ogni innovazione, e tralasciando anche le “pecche” che nelle varie città può avere la separate collection of waste, la ‘raccolta differenziata’, nonché eventuali disgusti per i rifiuti che noi stessi produciamo, occorre indagare quello che dal punto di vista tecnico, tecnologico e terminologico si presenta come un vasto, anzi vastissimo, campo di applicazione.

Partiamo innanzitutto dalla definizione di “rifiuti”. Il Dizionario Sansoni online Inglese-Italiano – Italiano-Inglese presente sul sito del Corriere della Sera [4] alla voce “rifiuto” offre le seguenti accezioni: (scarto) waste, refuse, rubbish; al pl. (immondizia) rubbish, waste, (Br) refuse, (Am) garbage, trash. Nel cartaceo Dizionario di Inglese OUP – Vol. II, Italiano-Inglese [5], invece, al sottolemma “rifiuti” si riporta: (scarti) waste; (immondizia) refuse (BE), garbage (AE). Sebbene i due dizionari qui confrontati riportino definizioni similari del termine fornendo differenziazioni d’uso in American English e British English, è tuttavia necessario sottolineare che nelle terminologie tecniche che stanno oramai divenendo di uso comune si parla per lo più di separate collection of waste, sebbene esistano anche (in numero decrescente di occorrenze in rete) separate collection of garbage, separate collection of rubbish, separate collection of refuse e separate collection of trash. Più semplicemente, si parla di waste collection, o anche di kerbside collection o curbside collection, rispettivamente nelle versioni di British e American English, definizioni che più specificamente alludono al posizionamento dei bidoni e alla conseguente raccolta dei rifiuti sui marciapiedi.

Tornando un attimo alle nostre case, occorre riprendere la più sopra menzionata dicitura source separation [6] che indica per l’appunto una prima ‘separazione dei rifiuti’ da eseguirsi in casa, in ufficio oppure a livello aziendale, insomma ‘alla sorgente’. Dovremo pertanto già noi decidere, previe informazioni e letture in merito, se un determinato rifiuto sia recyclable, ‘riciclabile’ appunto, oppure non-recyclable [7], vale a dire ‘non riciclabile’. In tal caso, dovremo conferire il rifiuto al bidone del non-recyclable solid waste [8], il ‘secco non riciclabile’, separandolo da paper, ‘carta’, glass, vetro, plastics, ‘plastica’, e organic waste, i ‘rifiuti organici’ detti anche comunemente ‘umido’, o ancora dagli yard and garden waste, i ‘risultati di sfalci e potature’. Nel caso volessimo decidere di produrre meno rifiuti già a casa nostra invece, dovremmo compiere azioni di precycling [9], vale a dire di ‘pre-riciclo’, rifiutandoci di acquistare qualsiasi prodotto non riciclabile o che presenti confezionamenti eccessivi e di non facile smaltimento. Siamo in questo caso nell’ambito delle abitudini riassunte dallo slogan refuse, reuse, recycle [10] o anche reduce, reuse, recycle [11] e relativo acronimo (RRR): ‘rifiuta’ o ‘riduci’ gli acquisti di tutto ciò che non è facilmente o per nulla riciclabile, ‘riusa’ ciò che è possibile riutilizzare diversamente, ‘ricicla’ tutto ciò che è possibile riciclare. Si apre in questo modo alle recycling streams [12], una sorta di ‘correnti del riciclo’ dette anche waste streams, atte a convogliare i rifiuti in specifici canali come in una sorta di flusso che, sulla base della separazione dei vari tipi di rifiuti, porta al loro riutilizzo, riciclo e distruzione (solitamente a mezzo inceneritore) oppure, quando il loro recupero non risulta in alcun modo possibile, al loro convogliamento in ‘discarica’, landfill, dumping ground, waste disposal site. Questa sorta di ‘correnti dei rifiuti’ dovrebbe alla lunga portare a una sempre più ridotta produzione di rifiuti residui.

A questo punto, siamo oramai lontani dalle nostre case dove si opera la door-to-door waste collection, la ‘raccolta porta a porta dei rifiuti’, nonché dai più sopra citati dustbin pickup points, o ancora dalle recycling banks, le ‘isole ecologiche’ (siano esse traditional, vale a dire ‘di superficie’, oppure underground, ossia ‘sotterranee’) che esistono in quelle località ove non si effettua la raccolta porta a porta. Siamo infatti a livello non più di waste collection, bensì di waste disposal [13], vale a dire ‘trasporto dei rifiuti’ e loro ‘conferimento in discarica’, transport, sending or delivery to landfill. È solo a questo punto che inizia la fase del waste treatment [14], il ‘trattamento dei rifiuti’ vero e proprio. Ed è proprio qui che entrano in gioco nuovi soggetti: si tratta degli urban miner, termine composto del riciclo che è a sua volta “riciclato” nelle sue parti costitutive. Pur trattandosi effettivamente di una sorta di neologismo nel significato, questo compound è formato da due termini già esistenti nella lingua inglese, vale a dire l’aggettivo urban e il sostantivo miner. La novità dell’associazione semantica dei due termini ben riflette la novità concettuale, ossia l’esistenza di una nuova figura più o meno “professionale”, quanto meno alla sua comparsa: si tratta infatti di quello che in italiano potremmo definire come il ‘minatore urbano’, ossia chi si muove e opera nelle città impiegando tuttavia gli strumenti classici del minatore e comportandosi di conseguenza. Sebbene esistano alcune varianti di urban miner, e sebbene i dizionari o tesauri ancora non includano questo termine, a livello di Parlamento Europeo, l’urban mining viene così definito:

 

«The term ‘urban mining’, as used in the Commission’s communication on the Raw Materials Initiative (RMI) of February 2011, refers to the process of extracting useful materials from urban waste and concerns one of the main sources of metals and minerals for European industry. […]» [15]

 

Nei Paesi anglofoni, molti si definiscono urban miner e l’attività di chi ricerca metalli tra i rifiuti, ma soprattutto i metalli contenuti nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche, sta divenendo una vera e propria professione, non essendo soltanto praticata a livello di ricerche illecite tra i rifiuti di cassonetti o bidoni. Tanti sono coloro che recuperano da radio, televisioni, computer, telefonini e altre apparecchiature quello che ormai viene definito il green gold, l’‛oro verde’. In questo compound, anch’esso estremamente nuovo nel significato, ma “riciclato” nelle sue componenti di base, l’aggettivo green si riferisce alla valenza ecologica del recupero di materiale che sarebbe altamente inquinante se disperso nell’ambiente, mentre il sostantivo gold indica il valore dei metalli preziosi presenti all’interno delle apparecchiature più sopra citate [16]. Per questo motivo, si parla di WEEE, acronimo di Waste Electrical (and) Electronic Equipment [17], vale a dire di rifiuti costituiti da apparecchiature e dispositivi elettrici ed elettronici che se non correttamente smaltiti possono avere conseguenze disastrose dal punto di vista dell’impatto ambientale o dei rischi per la salute. Ma si parla anche di e-waste, e-scraps [18] o metal scraps, vale a dire di ‘rifiuti o scarti elettronici’ o ‘materiali metallici di scarto’, proprio per indicare i metalli contenuti in tali dispositivi. Questi brown goods [19], compound pressoché intraducibile che sta ad indicare le piccole apparecchiature elettriche ed elettroniche presenti nelle nostre case, diventano pertanto oggetto di ricerca e smercio non soltanto da parte degli urban miner, ma anche dei reclaimer. Questo termine deriva dal verbo to reclaim che significa in prima istanza ‘riportare qualcosa a una condizione utile e adatta per il suo utilizzo’ (‘bonificare’ nel caso di un terreno o territorio), ma anche ‘recuperare sostanze utilizzabili dai rifiuti’ [20]. Il sostantivo, che dovrebbe indicare per lo più he/she who reclaims, si riferisce invece per traslato a quelle organizzazioni aziendali che appunto si procurano i prodotti elettrici ed elettronici obsoleti, li stoccano e li “sezionano” procurandosi tutto ciò che può essere loro utile per una successiva rivendita a chi si occupa del riciclo di tali parti. Ed eccoci giunti nel campo dell’e-cycling, vale a dire del riciclo delle componentistiche elettriche ed elettroniche. Per comprendere la struttura di questo termine, a metà strada tra il compound e il blend, occorre ritornare al primo significato del verbo to recycle. Il Merriam-Webster Online Dictionary tra i vari significati cita come segue:

 

«To reuse or make (a substance) available for reuse for biological activities through natural processes of biochemical degradation or modification <green plants recycling the residue of forest fires> <recycle ADP back to ATP>. [21]»

 

Il Free Dictionary by Farlex online suggerisce invece l’idea del rimettere in circolo, o meglio, in ciclo con la definizione «[t]o put or pass through a cycle again, as for further treatment», pur non tralasciando l’idea del trarre materiali utili da qualcosa dando al verbo il significato corrispondente a «[t]o extract useful materials from (garbage or waste)» e neppure quella di «[t]o use again, especially to reprocess: recycle aluminum cans; recycle old jokes. [22]» Pertanto, se nel termine di recente conio la “e” sta ad indicare le componentistiche elettriche ed elettroniche [23], l’altra parte del termine, cycle, suggerisce l’idea del ‘ciclo’, o meglio, quella del ‘riciclo’ di cui appunto si tratta.

Sempre nell’ambito delle parole del riciclo, abbiamo altri termini quali up-cycling [24], coniato nel 2002 da William McDonough e Michael Braungart in Cradle to Cradle: Remaking the Way We Make Things, che significa ‘trasformare qualcosa che deve essere smaltito in qualcosa di valore superiore e/o di migliore utilizzo’ [25]. In questa sorta di “riciclo verso l’alto” [26], i technical nutrients [27], che altro non sono che i prodotti e i materiali [28] che devono essere sottoposti a nuova trasformazione [29], vengono lavorati e utilizzati come se fossero componenti originari, con un doppio risparmio in termini di denaro speso [30] e sostenibilità ambientale, in quanto nulla viene conferito in discarica. A contrastare questo termine vi è però down-cycling che per lo più indica la tradizionale forma dell’azione di riciclo nel corso della quale l’oggetto o il materiale lavorato naturalmente si degrada in ogni fase del suo lifecycle, ‘ciclo di vita’. Come invece più sopra si accennava a proposito delle recycling o waste streams, l’obbiettivo primario di quella che viene comunemente definita circular economy, ‘economia circolare’, o closed-loop recycling, ‘serie di cicli di rinnovamento’ del prodotto, sia esso naturale, biological nutrient, o tecnologico, technical nutrient appunto, è quello di giungere a non conferire più nulla in discarica. Infatti, mentre i biological nutrient possono tranquillamente ritornare alla terra, i technical devono potere essere rilavorati e riutilizzati all’infinito in cicli di vita successivi.

 

Questa prima parte di analisi dei termini del riciclo termina qui, senza scendere in particolari sulle varie forme di lavorazione e trasformazione di quanto viene a costituire i nostri rifiuti, particolari che possono essere oggetto di ulteriori analisi.

Come abbiamo visto, le parole, così come i rifiuti stessi, non vengono distrutte, ma rimesse in gioco, in circolo, ossia riciclate. Insomma, «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.» [31]

 

A una cosa dobbiamo però prestare attenzione: a ciò che gettiamo nei nostri bidoni. I nostri rifiuti rivelano tanto di noi, tanto che i garbologists [32] studiano a campione tutto quanto un gruppo di persone getta nei rifiuti, nel tentativo di ricostruirne le abitudini di vita. E ancora più attenti dobbiamo stare a non gettare oggetti o documenti compromettenti o che possano rivelare informazioni riservate. I dumpster divers sono in agguato [33]!

 

 

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[1] http://www.bookrags.com/research/source-separation-enve-02/: «Source separation is the segregation of different types of solid waste at the location where they are generated (a household or business). The number and types of categories into which wastes are divided usually depends on the collection system used and the final destination of the wastes. […]»

[2] http://www.ingolca.co.uk/icaresidentsq&a.html

[3] http://www.weblearneng.com/dustman

[4] http://dizionari.corriere.it/dizionario_inglese/Italiano/R/rifiuto.shtml

[5] Dizionario di Inglese, Voll. I-II, I Grandi Dizionari - L’Universale, Paravia Bruno Mondadori Editori, Oxford University Press, 2002.

[6] Vedasi in proposito Nota 1.

[7] http://www.chacha.com/question/what-is-the-definition-of-non%26%2345%3Brecyclable: «Non-recyclable materials are those that cannot be broken down and reused into another item. The items still may be biodegradable and broken down in the earth eventually even though they are non-recyclable. Recyclable items include aluminium.»

[8] http://www.businessdictionary.com/definition/solid-waste.html: «Solid or semisolid, nonsoluble material (including gases and liquids in containers) such as agricultural refuse, demolition waste, industrial waste, mining residues, municipal garbage, and sewage sludge.»

[9] http://www.macmillandictionary.com/buzzword/entries/precycling.html

[10] Confronta anche Dodich, C., “Traducibilità e intraducibilità dei termini della green economy” - Spunti di riflessione linguistica, terminologica e culturale”, ,Rivista Englishfor, n. 2/2011, pag. 6, http://www.englishfor.it/rivista_articolo3_2_11.asp

[11] Cfr. nota 10.

[12] http://www.englishfor.it/wd_maggio_2011.asp

[13] http://www.businessdictionary.com/definition/waste-disposal.html: «Proper disposition of a discarded or discharged material in accordance with local environmental guidelines or laws .»

[14] http://www.businessdictionary.com/definition/waste-treatment.html: «Biological, chemical, or mechanical method(s) employed to (1) remove pollutants from industrial or municipal wastes, (2) change the character and composition of medical waste, or (3) reduce or eliminate its potential for harm to living beings and the environment.»

[15] http://www.europarl.europa.eu/sides/getAllAnswers.do?reference=E-2011-007663&language=LV

[16] Esse contengono infatti non soltanto rame, ma anche oro, argento e altri metalli preziosi che in grosse quantità estratte sono fonte di ricchezza.

[17] Cfr. http://www.englishfor.it/wd_maggio_2011.asp

[18] La lettera “e” sta per electrical ed electronic equipment.

[19] http://www.businessdictionary.com/definition/brown-goods.html: «Relatively light electronic consumer durables such as TVs, radios, digital media players, and computers, as distinct from heavy consumer durables such as air conditioners, refrigerators, stoves, which are called white goods. See also gray goods. »

[20] Cfr. http://www.thefreedictionary.com/reclaimer: «To bring into or return to a suitable condition for use, as cultivation or habitation: reclaim marshlands; reclaim strip-mined land. 2. To procure (usable substances) from refuse or waste products.»

[21] http://www.merriam-webster.com/dictionary/recycle

[22] http://www.thefreedictionary.com/recycle

[23] Cfr. Nota 18.

[24] http://encyclopedia.thefreedictionary.com/upcycle: «Upcycling is the practice of taking something that is disposable and transforming it into something of greater use and value.»

[25] Così come suggerisce la preposizione up che indica l’innalzamento a una posizione o a un livello superiore.

[26] Anche se questa non può essere una traduzione valida del termine.

[27] http://www.solaripedia.com/186/234/glossary.html: «A technical nutrient is a material or product that is designed to go back into the technical cycle, into the industrial metabolism from which it came. A product designed as a true technical nutrient would be made of safe materials designed to be truly recycled as a raw material for fresh product, and the delivery system for its service would cost the same or less than buying it.»

[28] http://www.englishfor.it/wd_febbraio_2012.asp: «Circular Economy: This term is mainly afferent and aimed at waste reduction by creating a recycling system in closed loops where all materials involved in industrial processes are considered as “technical nutrients” or “biological nutrients”. All of them – especially technical ones - should re-circulate in closed-loop, “never-ending” and quality-increasing recycling processes. While biological nutrients can naturally degenerate and go back to the soil feeding it back, technical ones should be re-invented and re-designed for disassembly, reuse, reconstruction and repurposing with very low energy consumption, in the final aim of reducing waste by increasing products’ life-cycles. This closed-loop, renewable-energy-based cycle, to imitate the biology of metabolism in living beings and therefore based on ecological principles, should help our economies getting out of the “linear-economy” “take-make-dispose” (or “dump”) processes by which organic and technological materials all end mixed up in landfills with high polluting outcome. La cosiddetta ‘economia circolare’ costituisce un tentativo messo in atto negli ultimi anni per ovviare alla “economia lineare” che prevede un breve ciclo di vita di tutti i prodotti industriali e commerciali ed elevati livelli di produzione di rifiuti. La nuova visione economica si basa sull’uso di fonti rinnovabili e propone un comportamento “virtuoso” a cicli di rinnovamento di tutti i materiali considerati come ‘nutrienti’, siano essi di tipo ‘organico’ (che possono facilmente ritornare al suolo che li ha prodotti per semplice compostaggio) o di tipo ‘inorganico’ (che dovrebbero ad ogni modo essere sempre più convertiti in materiali non inquinanti). In tali “ri-cicli”, i nutrienti dovrebbero essere sempre mantenuti a livelli di qualità elevata per prolungare quanto più a lungo possibile la loro durata utile e non essere rapidamente conferiti in discarica.»

[29] Ibidem.

[30] Il costo del riciclo è di molto inferiore a quello da sostenersi per l’approvvigionamento di nuovi materiali.

[31] Come disse a suo tempo il grande Antoine Lavoisier. Cfr. http://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=2e35

[32] Il garbologist corrisponde […] «a un antropologo i cui campi di studio sono la produzione e lo smaltimento dei rifiuti; in sostanza verifica anche il grado di attenzione per l’ambiente che una data comunità possiede.» Cfr. http://www.englishfor.it/wd_marzo_2010.asp

[33] http://www.englishfor.it/wd_agosto_2011.asp

 
     
 
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