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Un orso si aggira per Wall Street o è forse un toro quello che domina Piazza
Affari? Nessuno ormai si stupisce più di incontrare queste bestie nel gergo
della finanza, ma come ci sono arrivate? È risaputo che il toro indica, in primo
luogo, un movimento rialzista del mercato, mentre l’orso una fase di segno
opposto 1 e anche se nessuno lo mette in
dubbio, probabilmente pochi si chiedono da dove derivi questo uso figurato. La
versione più diffusa vuole che l’andamento al rialzo simboleggiato dal toro ne
riprenda l’incornata, che tende verso l’alto, mentre l’orso quando attacca si
regge sulle zampe posteriori e muove quelle anteriori dall’alto verso il basso,
e proprio questa sua caratteristica lo rende il simbolo perfetto della tendenza
ribassista. Completamente diversa l’interpretazione di Wikipedia secondo cui
“l’origine del termine inglese bull
per indicare una fase rialzista andrebbe cercata nella prima Borsa organizzata
in Olanda, in relazione ai monosillabi con cui si accordavano i compratori,
simili ai muggiti di una stalla. L’origine del termine ‘orso’ deriva invece più
semplicemente dal classico detto ‘Non vendere la pelle dell’orso prima di averlo
ucciso’: infatti, nelle vendite allo scoperto si vende il titolo,
metaforicamente la pelle dell’orso, prima di averlo acquistato” 2. In ogni caso, qualsiasi teoria si
decida di fare propria, per il traduttore non vi sono problemi a giocare con
queste figure che hanno dato vita a espressioni italianizzate come ‘mercato
toro’ o ‘mercato orso’.
Gli stessi due animali si ritrovano nell’emissione obbligazionaria con clausola
bull and bear, o semplicemente ‘obbligazioni bull and bear’,
o ancora ‘toro e orso’, dove per metà dei titoli (bull) il rimborso avviene al valore
nominale corretto in funzione diretta dell’andamento, in un preciso intervallo
di tempo, di un determinato parametro, mentre per l’altra metà dei titoli (bear) il rimborso avviene in funzione
inversa dello stesso parametro prescelto 3. Con il termine ‘toro’ si può
indicare anche l’operatore che acquista in previsione di una crescita dei
prezzi.
Come dimenticare poi la bull trap, la
‘trappola del toro’ (in taluni glossari definita anche ‘trappola per tori’) che
si ha quando, secondo l’analisi tecnica, si verifica un preciso segnale di
inversione della tendenza al rialzo, segnale che poi viene smentito dai fatti e
che può provocare pesanti perdite a chi ha impostato operazioni al rialzo. Per
contro, il fenomeno opposto assume il nome di
bear trap, la ‘trappola dell’orso’ 4. Seguono lo stesso principio il
bull spread, o ‘spread al rialzo’, e
il bear spread, o ‘spread al ribasso’,
che rappresentano strumenti per creare una strategia per gli investimenti in
opzioni dove nel primo caso chi sceglie uno spread al rialzo si augura che il
prezzo dell’azione salga, mentre chi costruisce uno spread al ribasso spera che
il prezzo scenda 5.
Nell’ambito degli spread, il bestiario della finanza si popola di un nuovo
elemento, la farfalla del cosiddetto ‘spread a farfalla’,
butterfly spread, una tecnica operativa impiegata nel mercato delle opzioni da
utilizzarsi in periodi di prevista variabilità delle quotazioni dello strumento
sottostante.
Dopo questa immagine aggraziata, torniamo a uno degli animali simbolo
dell’andamento borsistico, l’orso, che ritorna nelle locuzioni inglesi
bear raid, ‘raid ribassista’, ossia la tecnica che consiste nel vendere allo scoperto
grandi quantità di titoli nell’intento di deprimerne i prezzi (allo scopo di
riacquistarli a prezzi inferiori), e bear squeeze, espressione utilizzata anche in italiano per indicare una reazione a un
eccesso ribassista. Nel suo Dizionario di Finanza 6, Emilio Girino ci rimanda
all’immagine dello schiacciamento dell’orso per spiegare la forma che spesso
assume l’intervento di una o più banche centrali nel mercato dei cambi
effettuato in modo da interrompere le speculazioni sulle divise. Sempre in tema
di tori e affini, ricordiamo un’espressione propria del linguaggio finanziario
italiano, che non conosce un preciso equivalente in lingua inglese, ossia il
‘parco buoi’, inizialmente utilizzata per indicare quella parte della clientela
di Borsa che dagli opposti recinti riservati al pubblico all’interno della Borsa
Valori, seguiva lo svolgimento della riunione nel tentativo di coglierne gli
aspetti più interessanti e indicativi 7, e che ha assunto successivamente
una connotazione negativa, passando a definire l’insieme degli investitori
privati, piccoli e medi, sostanzialmente sprovveduti, che cercano facili
guadagni nei mercati, ma incontrano solo delusioni. La locuzione rappresenta i
bovini che vanno al macello e successivamente vengono ripristinati con nuove
generazioni di capi 8. Interessante notare, a questo
proposito, esulando dall’ambito della zoologia, che anche gli investitori
professionali e i trader più accorti sono raccolti in una definizione figurata,
quella delle cosiddette ‘mani forti’.
Gli investitori istituzionali, soprattutto fondi pensione, banche e
assicurazioni, sono invece definiti in gergo
elephants, ‘elefanti’, poiché talvolta
agiscono sui mercati come pachidermi in una cristalleria. L’elefante ritorna
anche nella locuzione anglosassone white
elephant, letteralmente ‘elefante bianco’, che indica un investimento che
nessuno vuole perché dispendioso e scarsamente redditizio, traslando dal
significato primario di oggetto dispendioso ma inutile, proprietà che richiede
molte spese e non genera utili 9.
Abbiamo visto come al mercato toro si contrapponga il mercato orso, trascurando
per ora una terza possibilità, quella del
deer market 10, ossia la condizione di mercato
piatto, in cui gli investitori restano timidamente in attesa di un segnale di
rialzo o ribasso. In questo caso, il gergo italiano della finanza non ha
assimilato il capriolo come simbolo di una condizione di stasi, di una
immobilità simile a quella di un cervide abbagliato dai fari di una macchina.
Accanto ai più famosi mammiferi, anche nella finanza non poteva mancare il
migliore amico dell’uomo, o forse in questo caso dell’investitore, che ritorna
con i dogs of the Dow, i ‘cani del
Dow’ (Jones), il nome di una strategia d’investimento a carattere difensivo
formulata nel 1972 e ancora oggi di notevole successo, secondo cui alla fine di
ogni anno si scelgono tra i titoli del Dow Jones Industrial Average quelli che
hanno il rendimento più elevato e si acquista un eguale controvalore di ognuno.
I titoli selezionati sono i segugi che tirano la volata ai rendimenti della
borsa statunitense e che restano nel portafoglio per i dodici mesi successivi.
Dopo un anno, si rivede la classifica e si sostituiscono i titoli non più
presenti nei primi dieci ad alto dividendo con i nuovi arrivati, e così via
negli anni successivi 11.
E dove ci sono i cani ci sono anche i gatti, quanto meno nello slang borsistico
americano in cui cats and dogs sono
azioni speculative con una storia sospetta alle spalle in termini di vendite,
utili o dividendi. Tra l’altro, la fat
tail, letteralmente ‘coda grossa’ anche se in gergo prevale l’espressione
‘coda spessa’, che ritroviamo sui quotidiani finanziari, non si riferisce a un
cucciolo di cane in sovrappeso, né al chirogaleo medio o dalla coda grossa (un
lemure), bensì a eventi estremi che pesano sulla volatilità e devono pertanto
essere inclusi nella valutazione del rischio.
Dagli animali che popolano la terra passiamo ora ai cieli, con i
black swan events, i ‘cigni neri’ descritti da Nassim Nicholas Taleb nella sua opera del
2007, The Black Swan: The Impact of the
Highly Improbable 12. Il cigno nero passa così dai
balletti alla finanza per rappresentare un evento altamente improbabile con tre
caratteristiche fondamentali. Primo: è isolato e imprevedibile. Secondo: ha un
impatto enorme. Terzo: la nostra natura ci spinge ad architettare a posteriori
giustificazioni della sua comparsa, per renderlo meno casuale di quanto non sia
in realtà 13. In effetti, secondo l’autore,
questi cigni neri sono più frequenti di quanto non si voglia ammettere, e sono
alla radice di molti sconvolgimenti della nostra storia e della nostra società.
Spiegano inoltre “molti fenomeni, comprese le crisi finanziarie come quella dei mutui subprime” 14.
Creature alate sono anche gli
hawks and doves, i falchi e le colombe
che popolano il Comitato esecutivo e il Consiglio dei governatori della Banca
Centrale Europea. In economia, l’aggettivo
hawkish, letteralmente ‘da falco’, indica un atteggiamento favorevole
al rialzo dei tassi di interesse, ponendo maggiore enfasi sui pericoli di una
possibile inflazione rispetto all’attenzione rivolta alle necessità di crescita
economica. Per contro, l’aggettivo dovish,
letteralmente ‘da colomba’, caratterizza un atteggiamento più accomodante in
termini di politica monetaria. Tra parentesi, va ricordato che vista l’estrema
ricchezza di significato racchiusa nel termine
hawkish, traducibile solo facendo ricorso a una lunga perifrasi, il termine è ormai
entrato a pieno diritto nella fraseologia settoriale, soprattutto in ambito
bancario (ad esempio Abax Bank parla di “deriva
hawkish”, Unicredit di “atteggiamento
più hawkish”, mentre Banca Aletti, nella sua newsletter finanziaria giornaliera
a cura dell’ufficio Analisi Macroeconomica, nel numero del 7 giugno 2007, scrive
ripetutamente “le esternazioni del presidente della BCE Trichet sono risultate
relativamente meno hawkish”).
Volano anche le killer bees,
letteralmente ‘api assassine’, che nel gergo delle fusioni e acquisizioni
simboleggiano coloro che aiutano una società a contrastare un tentativo di
scalata ostile 15. Proprio nell’ambito delle
operazioni societarie ritroviamo altri animali, ma questa volta dobbiamo
spostarci nel mare con la lobster trap, letteralmente ‘trappola per aragoste’, ossia una strategia utilizzata
dalla società bersaglio per impedire ancora una volta una scalata ostile,
rendendo impossibile la conversione in azioni recanti diritto di voto per
chiunque detenga oltre il 10% della totalità dei titoli convertibili emessi
dalla stessa 16.
Sempre in acqua, vive uno degli animali simbolo degli operatori di borsa, il
(corporate)
shark, lo squalo che domina l’immaginario collettivo, anche grazie alla magistrale
interpretazione che ci ha regalato Michael Douglas con il suo Gordon Gekko in un
film del lontano 1987 17. Un personaggio tanto famoso da
aver spinto persino la prestigiosa rivista
Forbes a dedicargli una pagina e di cui si attende con impazienza il ritorno
sugli schermi cinematografici (“Gordon Gekko, Michael Douglas’s iconic shark, is
back” scrivono, infatti, i giornali statunitensi).
Gli squali vengono spesso avvistati, talvolta troppo tardi, nell’ambito di
grandi scalate ostili e proprio per evitare che le loro manovre passino
inosservate o, peggio, siano scoperte quando ormai non vi è più nulla da fare;
per opporvisi sono nati gli shark watchers,
i cosiddetti ‘individuatori di squali’ 18, ossia società specializzate
nell’individuazione di possibili scalate ostili, grazie al costante monitoraggio
degli schemi e modelli delle attività di negoziazione dei titoli quotati per
rilevare eventuali accumulazioni di titoli. E se bisogna difendersi da questi
predatori marini, ecco che le società bersaglio possono tentare di usare lo
shark repellent, un ‘repellente anti
squali’ 19 che si configura come una serie
complessa di operazioni poste in essere per salvaguardare la propria
indipendenza. Tra queste, ricordiamo la fusione preventiva con altre società, la
modifica dello statuto per incrementare i costi di acquisizione e scoraggiare
pertanto gli scalatori ostili o l’inserimento di clausole che si attivano solo
in presenza di un’offerta di acquisto per renderla meno appetibile agli occhi
degli azionisti.
Interessante notare come sia ancora lo squalo l’animale scelto per simboleggiare
l’usuraio, nell’espressione loan shark
(anche loan sharking business), mentre
in italiano si sono attestate espressioni gergali altrettanto colorite, quali
‘strozzino’ e ‘cravattaio’, che forse ancora meglio rimandano, anche
visivamente, all’effetto dell’usura su chi ne è colpito.
Ultima bestia di cui ci occuperemo è l’alligator,
dell’alligator indicator o
alligator system, ossia l’‘indicatore
alligator’, come è stato definito in italiano nell’ambito dell’analisi tecnica
per le tendenze monetarie di Bill Williams 20. Si tratta in sostanza di un
insieme di tre medie mobili rappresentate in colori diversi e che indicano
ciascuna una parte dell’alligatore (mascella, denti e labbra) e nel loro insieme
la condizione dell’animale, che può dormire o mangiare.
Nel campo delle opzioni, si incontra l’alligator
spread, tradotto da alcuni siti come ‘differenziale da alligatore’ o anche
‘contratto coccodrillo’, che si ha quando un operatore costruisce un sistema di
opzioni tanto onerose da impedire al cliente di trarne un guadagno, anche
laddove la scommessa che ne costituisce la base risultasse vincente. Nel campo
della proprietà immobiliare, qualora i costi che gravano su un immobile, quali
spese per manutenzione, rate del mutuo, assicurazioni, imposte sulla proprietà e
simili, annullassero di fatto il reddito derivante dall’immobile stesso, si
avrebbe una alligator property,
espressione che non trova traduzione immediata in lingua italiana.
Termina qui questa visita allo zoo della finanza e chissà che il nostro prossimo
viaggio nel linguaggio di Wall Street non ci conduca nel mondo delle fiabe e dei
fumetti…
Sitografia
http://www.borsainside.com
http://www.borsaoperativa.com/produzione/glossario
http://www.investopedia.com
http://www.italianforextrading.net
http://www.mondoforex.com
http://www.performancetrading.it/Glossario/
http://www.all-wall-street.com/01-sez.didattica/0000-glossario/0-dizionario-di
borsa/default.html
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