Con il presente articolo desidero proseguire il mio
viaggio nell’analisi terminologica delle
food-related diseases, ovvero
tutte quelle malattie legate all’assunzione di cibo.
Nel numero precedente, mi ero soffermata in
particolare sulle foodborne diseases,
note anche come food poisoning [1]. Le
foodborne diseases [2], cioè le
‘malattie “portate” dal cibo’, includono anche le reazioni allergiche e altre
condizioni nelle quali il cibo ha la funzione di
carrier, letteralmente ‘portatore’ della malattia. La definizione inglese del termine
carrier è infatti «a bearer and transmitter
of a causative agent of an infectious disease» [3].
Le
foodborne
diseases possono
essere ulteriormente suddivise in
food infection e
food poisoning.
Anche se i sintomi presentati dai pazienti sono
spesso simili, vi è una sostanziale differenza tra le due definizioni. Il
termine food poisoning [4] indica un avvelenamento o
intossicazione causata dall’ingestione di cibo contenente una tossina o un
veleno la cui formazione è provocata da una crescita batterica all’interno del
cibo stesso. Tali tossine possono essere prodotte da microrganismi, batteri,
muffe e altre sostanze definite contaminants cioè «something that makes a place or
a substance (such as water, air, or food) no longer suitable for use» [5].
Una food
infection si verifica invece a seguito dell’ingestione di cibo contenente
batteri che, una volta all’interno del corpo, continuano a crescere e a
moltiplicarsi fino a causare l’insorgenza della malattia.
Dopo questa necessaria precisazione terminologica,
vorrei focalizzare la mia attenzione sulla differenza tra le espressioni
food allergy e food intolerance.
L’uso dei due termini ingenera molta confusione; per
questo occorre ricordare che l’allergia viene considerata come una delle
possibili cause di un’intolleranza ed è quindi evidente che i due concetti siano
profondamente differenti.
Una definizione generica e omnicomprensiva molto
utilizzata è quella di food sensitivity, cioè ‘sensibilità al cibo’. Con questa espressione
si intendono tutte le reazioni eccessive o esagerate di un organismo nei
confronti di un alimento o di componenti dello stesso. In realtà, l’espressione
food sensitivity comprende sia le
allergie che le intolleranze alimentari [6].
Più precisamente, una «food allergy occurs when the immune
system mistakenly attacks a food protein» [7], quando cioè vi è una particolare forma di ipersensibilità che attiva il sistema immunitario e porta
a una risposta esagerata da parte dell’individuo. L’allergen, l’‘allergene’, definito
come «a substance that causes an allergy» [8], innesca una reazione del sistema
immunitario e la conseguente formazione di anticorpi. Tali anticorpi stimolano il
rilascio di sostanze quali l’histamine,
cioè l’‘istamina’, «a chemical substance
in the body that causes the symptoms that people experience when they are
allergic to something» [9].
Benché la maggior parte degli individui sviluppi le
allergie alimentari nella prima infanzia, non è da escludere che esse possano in
realtà manifestarsi anche in età adulta. Per capire se si sia davvero in
presenza di una true food allergy
devono essere riscontrate essenzialmente due condizioni. La prima condizione
necessaria è la certezza che la reazione abbia coinvolto l’immune system. Tale aspetto è facilmente
diagnosticabile con gli allergy tests, cioè i ‘test allergometrici’.
Ve ne sono di vari tipi, ma certamente i test
diagnostici più diffusi sono le prove
cutanee note come prick test e patch test. Come si evince dal significato del verbo to prick, «act of making a small hole in something
with a sharp pointed object» [10], il test
consiste nell’apporre sulla cute dell’avambraccio una goccia di vari estratti
allergenici e poi nel praticare un piccolo foro sottocute con una lancetta
sterile. Entro 15-20 minuti è possibile valutare il risultato del test: la
comparsa di un gonfiore localizzato, definito come pomfo, che presenta eritema e
prurito indica la positività del test nei confronti dell’allergene
corrispondente. Il patch test segue un
principio simile al prick test, ma invece di utilizzare la lancetta
si procede all’applicazione sulla cute di un cerotto imbevuto dell’estratto
allergenico da testare.
Oltre alle prove cutanee,
vi sono poi i cosiddetti serological tests,
ovvero gli ‘esami sierologici’ «used
for the study of antigen-antibody
reactions in vitro» [11]. Tra questi i
più noti sono il PRIST e RAST test. ll PRIST (Paper Radio Immuno Sorbent
Test) «uses a technique for determining total
immunoglobulin» [12], cioè si
avvale di una tecnica in grado di determinare l’immunoglobulina totale. Il RAST
(Radio Allergo Sorbent Test) [13] si utilizza
per dosare le IgE, cioè le immunoglobuline E [14] specifiche
e dirette contro i cibi presunti allergizzanti. È necessario citare anche altri
test quali, ad esempio, l’oral provocation
test [15] noto anche come challenge test, cioè il ‘test di provocazione orale’ o TPO. Il test consiste nella
somministrazione per via orale di piccole dosi degli alimenti sospetti e di un
attento monitoraggio del paziente nelle ore successive al fine di poter
formulare una diagnosi corretta. Vi sono poi alcuni metodi alternativi, spesso
oggetto di dibattito da parte degli studiosi [16], come ad
esempio il Cito Test e il DRIA test [17].
La seconda condizione necessaria per procedere alla
diagnosi di una true food allergy è
che la reazione abbia provocato determinati sintomi. I sintomi da soli,
tuttavia, non sono sufficienti per provare la presenza di una allergia.
I sintomi più diffusi causati da una allergia
alimentare possono essere suddivisi principalmente in tre categorie:
respiratory
symptoms, ovvero i ‘sintomi che
coinvolgono l’apparato respiratorio’, quali
running nose or nasal congestion, sneezes, difficulty breathing,
asthma,
loss of consciousness, e anche decesso;
skin rushes,
‘sintomi o manifestazioni
cutanee’ quali tingling sensation in the
mouth, ‘sensazione di formicolio alla bocca’,
swelling of lips, mouth, tongue and or
face, ‘gonfiore delle labbra,
della bocca, della lingua e/o del volto’. Tale reazione è nota come
angioedema, «a spontaneous swelling up of areas of
skin or mucous membranes» [18] o con i suoi eponimi
edema di Quincke o
edema angioneurotico [19]. Tra gli altri sintomi cutanei troviamo l’urticaria,
nota anche con il termine
hives e definita come «a vascular reaction of the
upper dermis marked by transient appearance of slightly elevated patches which
are redder or paler than the surrounding skin and often attended by severe
itching» [20], cioè una affezione caratterizzata dalla comparsa sulla cute di rilevatezze di diametro variabile
di colorito rosa chiaro, estremamente pruriginose, denominate pomfi [21], watering eyes, ‘lacrimazione degli occhi’, eczema o
atopic dermatitis, ‘dermatite
atopica’;
gastrointestinal symptoms quali
vomiting, abdominal cramps, diarrhea e infine l’anaphylaxis, ‘anafilassi’ o ‘shock
anafilattico’, «a severe, whole-body
allergic reaction to a chemical that has become an allergen» [22].
I più comuni
food allergens, ‘cibi allergenici’, che possono cioè provocare reazioni
allergiche, sono il latte di mucca, la soia, le uova, il kiwi, il mango, le
arachidi, le noci, le mandorle e i crostacei.
Oltre alle
true food
allergy
esiste un’altra categoria, detta delle pseudo-allergies. Pseudo in greco significa ‘falso’ ed ecco perché le
pseudo-allergies sono definite anche
false allergies. I sintomi sono del tutto simili a quelli delle allergie,
ma eseguendo i test diagnostici non viene rilevata nessuna disfunzione del
sistema immunitario e nessuna reazione specifica degli anticorpi. Le false
allergie o pseudo allergie si possono manifestare sia in individui
atopic (che non presentano cioè
allergic tendency, ‘tendenza
all’allergia’, né history of allergy,
‘anamnesi di allergia’), che in individui
non-atopic, ‘individui non
atopici’. Anche alcuni farmaci, ad esempio l’aspirina, possono provocare effetti
collaterali del tutto simili a una vera e propria allergia. Infine alcuni
alimenti, quali fragole, vino, cioccolato, contengono un quantitativo di
istamina sufficiente da sviluppare false allergie [23].
Una
food intolerance, a differenza della
food allergy, viene comunemente
definita come «a difficulty in digesting a food» [24]
o
una sensitivity a determinati
cibi. Non si tratta di una reazione del sistema immunitario, ma di una
incapacità di metabolizzare un determinato alimento o un componente dello
stesso. Alcuni individui manifestano infatti crisi emicraniche dopo aver
consumato determinati alimenti, ad esempio alcuni tipi di formaggi o altri cibi
contenenti una sostanza chiamata tiramina. Una delle intolleranze più note è la
celiac disease nota anche come
Gluten-sensitive
enteropathy [25] cioè la
‘celiachia’ o ‘enteropatia da glutine’. Il disturbo è causato da una
intolleranza al glutine, una proteina contenuta nel grano e in altri cereali. La
celiachia in realtà coinvolge il sistema immunitario, ma non le immunoglobuline
E, gli anticorpi coinvolti nella reazione allergica.
Vi sono infine i cosiddetti
pharmacological effects,
cioè gli ‘effetti farmacologici’.
Alcuni alimenti, infatti, possono dare origine a sintomi fortemente somiglianti
a quelli delle reazioni ai farmaci. La
caffeina, ad esempio, può accelerare il battito cardiaco e avere anche un
leggero effetto diuretico. La
Food and Drug Administration [26],
che si occupa della regolamentazione di prodotti alimentari e farmaceutici,
afferma che la caffeina debba essere considerata sia un farmaco che un
food additive, cioè un ‘additivo
alimentare’. Essa viene infatti utilizzata sia per il trattamento della
stanchezza o della sonnolenza, in quanto stimola il sistema nervoso e migliora
la vigilanza, sia per coadiuvare il trattamento dell’apnea, per
la regolarizzazione del battito cardiaco o per migliorare l’effetto di alcuni
analgesici [27].
Negli articoli futuri proseguirò la mia analisi del
linguaggio delle food-related diseases, concentrandomi in particolar modo sull’obesità infantile, definita
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come una delle principali sfide del
Ventunesimo secolo [28].
Sitografia
http://www.allergyclinic.co.uk/
http://www.answers.com/
http://archiviostorico.corriere.it/
http://www.bbc.co.uk/health/
http://content.karger.com/
http://www.corriere.it/salute/dizionario/
http://www.efsa.europa.eu/en/panels/emrisk.htm
http://www.efsa.europa.eu/
http://ehealthmd.com/
http://www.eufic.org/
http://www.fda.gov/
http://www.foodallergy.org/
http://www.food-info.net/uk/
http://www.foodintol.com/
http://www.foodintoleranceawareness.org/
http://www.foodpoisoning.com/
http://www.foodreactions.org/
http://www.foodscience.caes.uga.edu/
http://glossario.paginemediche.it/
http://www.hc-sc.gc.ca/
http://www.learnersdictionary.com/
http://medical-dictionary.thefreedictionary.com/
http://www.medicinenet.com/
http://www.medterms.com
http://www.merriam-webster.com/
http://www.news-medical.net/
http://www.nutrition.org.uk/
http://www.saninforma.it/
http://www.sicurezzadeglialimenti.it/
http://www.thefreedictionary.com/
http://www.who.int/
http://www.worldwidehealth.com
|