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Qualcosa è cambiato nell’ambiente e nelle condizioni meteorologiche, nel mondo della politica a livello globale e dei singoli Paesi, nell’ambito delle nuove tecnologie e delle fonti di energia, nelle nostre abitudini quotidiane. È cambiato o, a volere essere più precisi, sta cambiando. E qualcosa è cambiato e sta cambiando anche a livello linguistico-terminologico.
Per comprendere tutti questi mutamenti nella loro coralità, occorre rifarsi al Protocollo di Kyoto redatto nell’ormai lontano 1997 e sottoscritto da oltre 160 Paesi partecipanti alla UNFCC (United Nations Framework on Climate Change - Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici) a partire dal marzo 1998. Siamo oramai entrati nel primo periodo di adempimento (2008-2012), nel quale i Paesi che hanno ratificato tale accordo dovranno ridurre del 5% il totale delle emissioni di gas serra in base alle quantità rilevate nel 1990. Più ambìto è certamente l’obiettivo prefissato per il 2050, quando tutti i Paesi dovranno avere ridotto le proprie emissioni di circa il 50%. Il motivo scatenante di tale protocollo è stato l’insieme di tutti i mutamenti climatici attribuiti e attribuibili alle varie forme di inquinamento ambientale generatesi sin dall’avvento della prima rivoluzione industriale. Così, nonostante chi, come i tedeschi, ritiene che oramai il nostro pianeta sia destinato alla “distruzione” per cause umane, con il Protocollo di Kyoto, i Paesi sottoscrittori si sono impegnati a imporre e stimolare comportamenti virtuosi da parte di tutti al fine di ridurre appunto le emissioni di CO2, ma anche di altri gas a effetto serra che contribuiscono e hanno contribuito al global warming, il‘surriscaldamento globale’, e a tutti i cambiamenti climatici che ne sono conseguiti. Ogni Stato ha così deciso di applicare politiche eco-sostenibili, vale a dire rispettose per l’ambiente. Un esempio può essere il canadese Green Bin Program, che consiste nell'assegnazione a ogni unità familiare di un bidone di plastica verde (il green bin) nel quale dovranno essere conferiti tutti i rifiuti organici prodotti in attesa della raccolta settimanale. Anche in Italia, molti Comuni hanno applicato misure similari con diciture e slogan tra i più svariati. L’implementazione di tali politiche che presto diverranno, o stanno già divenendo, imposizioni con previsione di strumenti premiali (quali ad esempio incentivi sulle tariffe) e sanzionatori hanno già in parte contribuito a mutare le nostre abitudini, anche se non tutti ancora dividono in casa i propri rifiuti. La semplice raccolta differenziata è già un primo contributo alla portata di ogni singolo individuo. Ma i rifiuti non sono la sola causa del climate change, il ’cambiamento climatico’. Gli strumenti (mezzi di trasporto, elettrodomestici, strumenti di lavoro, e via dicendo) di cui oggi tutti ci serviamo sono fortemente inquinanti dal punto di vista di emissione di greenhouse gas,‘gas serra’. Ecco allora tutte le nuove tecnologie, i nuovi prodotti e i nuovi processi con minore impatto ambientale che in qualche modo rivelano l’attenzione e la ricerca da parte delle aziende nei confronti di un processo globale di produzione, utilizzo e smaltimento con minori livelli di emissioni. Siamo certamente ancora lontani da una situazione definibile come “virtuosa”: le critiche sono tante, non solo alle politiche di Stati e aziende, ma allo stesso Protocollo di Kyoto. Tuttavia, qualcosa sta cambiando.
Ai fini del presente articolo, non sono tanto l’indagine e la valutazione di tutti i mutamenti a livello politico-economico a risultare interessanti, quanto piuttosto le modalità con le quali tali cambiamenti hanno ricadute terminologiche sulla lingua inglese.
Rimandando a un successivo esame altri aspetti linguistico-terminologici della New Green Economy, restringerò in questa sede la mia ricerca proprio all’aggettivo green, più sopra citato a proposito del Green Bin Program, che oltre a indicare la tonalità di colore, ormai da anni indica anche chi favorisce o sostiene il rispetto per l’ambiente, la non violenza, la responsabilità civile in genere, a tal punto che i gruppi “verdi” in molte nazioni sono divenuti vere e proprie forze politiche. Uno dei significati dell’aggettivo green ci permette di dare una spiegazione al titolo del presente articolo: in effetti, una sua connotazione “slang” sta a indicare il denaro (money 1), vale a dire il Dollaro, per antonomasia di colore verde e fino a poco tempo fa valuta “regina” a livello internazionale. Tuttavia, in questa sede non si vuole fare una disamina dei più o meno recenti accadimenti nell’ambito delle economie e delle borse a livello mondiale. Oggi, l’aggettivo green associato al termine economy non sta più a indicare l'economia basata sul dollaro, la moneta forte, bensì una nuova economia, la New Green Economy, orientata a una maggiore ecosostenibilità, a un maggior rispetto per l'ambiente in cui viviamo. Da qui possiamo anche spiegare il Going Green is now a Must: to go green indica non soltanto il cambiamento di colore, ma anche il ‘diventare ecologici’, vale a dire l’intraprendere la strada dell’economia nel rispetto dell'ambiente. Negli articoli di quotidiani o periodici di lingua anglosassone, si legge spesso di aziende che stanno facendo diventare più ecologici, are greening in inglese, i loro processi produttivi, i loro prodotti o ancora le loro cariche aziendali. Il verbo to green in questo caso sfrutta il concetto dell’attribuire la colorazione verde per indicare tuttavia un cambiamento di tendenza produttiva e/o organizzativa più orientato all'ecosostenibilità. Verbo opposto, non tanto nel significato, quanto piuttosto nel rivelare una tendenza economica, è to greenwash. Tale verbo viene impiegato per indicare quelle pratiche aziendali volte ad attirare più clienti in modo se non ingannevole, quanto meno discutibile: ‘etichette verdi’, green labels in inglese, immagini o denominazioni che ci rimandano all’ambiente, imballaggi apparentemente ecologici, tutte strategie presenti sui mercati a livello internazionale. In questo caso, il prodotto può essere definito greenwashed, come se avesse subito una sorta di lavaggio o travestimento “verde”, vale a dire è stato camuffato come ecologico. Tra le altre associazioni sintagmatiche dell’aggettivo green con sostantivi, molte sono ormai assodate e più strettamente collegate al Protocollo di Kyoto e al rispetto delle politiche ambientali, mentre altre sono nate più recentemente. Si può allora parlare di greenhouse effect, l’ormai notorio ‘effetto serra’, di greenhouse gases (GHG), i ‘gas serra’ o ‘a effetto serra’, di greenhouse pollution, ‘inquinamento dovuto all’effetto serra’, di green policies, anche conosciute come environmental o sustainability policies, le politiche pratiche applicate da enti e/o aziende per un migliore impatto ambientale. Si può di conseguenza cercare di raggiungere dei green target, ‘obiettivi verdi’, nell’ambito di una vera e propria green revolution. Del resto, le possibilità linguistiche di associazione di aggettivo e sostantivo, dal punto di vista puramente meccanico e connettivo, sono praticamente infinite e ben riescono a esprimere nuovi concetti, nuove pratiche e procedure, grazie alla capacità della lingua inglese di sintetizzare grosse porzioni concettuali in un singolo termine. E tale abilità linguistica ben si presta a rispecchiare prontamente mutamenti e innovazioni politiche, pratiche e tecnologiche. Proprio a livello di tecnologie e innovazioni, si parla di green innovation e green invention, atte a contenere o neutralizzare, laddove possibile, il rilascio di gas serra. A tal fine, le aziende possono effettuare green makeover, ‘trasformazioni verdi’, cambiamenti di immagine orientati all’ecosostenibilità. Per tornare alle politiche ambientali applicate in conseguenza del Protocollo di Kyoto, occorre citare i green certificate 2; o ancora le green credential, ‘credenziali verdi’, attestazione dell’impegno di una azienda in materia di efficienza energetica e di sostenibilità ambientale; o ancora i green credit, ‘crediti verdi’, sinonimo di carbon credit, crediti acquistabili dalle aziende che adottano pratiche ecologicamente corrette.
Per affrontare tali cambiamenti di immagine improntati all’ecosostenibilità, le aziende necessitano di nuove personalità aziendali, nuove cariche lavorative all'interno dell’azienda, siano esse a livello dirigenziale, impiegatizio od operaio. In effetti, sono nati i cosiddetti green job 3, occupazioni che contribuiscono alla protezione dell’ambiente e alla riduzione dell’impronta dell’uomo sull’ecosistema (la carbon footprint è per l’appunto l’impronta che ogni singolo individuo lascia sul pianeta ed è costituita dall’insieme delle sue emissioni di CO2). I green job sono svolti dai green collar, i ‘colletti verdi’, che con una sorta di calco intralinguistico vengono in tal modo ad affiancarsi ai blue collar, ‘operai’, e ai white collar, ‘impiegati’. Questi ‘colletti verdi’ possono svolgere un lavoro sia operaio che impiegatizio, purché il loro operato abbia ricadute positive nell’ambito dell’ecosostenibilità aziendale. Accade, però, talvolta che le aziende affidino mansioni anche a consulenti esterni esperti in una o più aree dell'ecologia e del rispetto ambientale, i quali forniscono pertanto i propri servizi in cambio di un onorario. Si tratta a tal proposito di green consultant. In questo caso, come in quello dei green designer, occorre fare attenzione al contesto d’uso terminologico e non confondere i consulenti e i progettisti del verde, verde inteso come aree verdi, con i nuovi progettisti di soluzioni con basse emissioni di gas serra. Si può ormai affermare che esiste un nuovo modo di pensare: il green thinking, dal verbo think green, altro neologismo verbale che ricalca un phrasal verb preesistente, think pink, motto tipico della lingua anglosassone che invita a pensare positivo. L’invito è qui a ‘pensare ecologico’ in nome della green cause. A tal proposito, si sono oramai diffuse quelle che vengono denominate le ethical career 4, o ‘professioni etiche’, dette anche sustainable career, quelle di specialisti environmentally concerned, vale a dire impegnati a risolvere problematiche ambientali. E oltre alle green team operative 5 si può ormai parlare anche di green think tank 6, vale a dire commissioni di esperti di alto livello in ambito ambientale. Se personalità politiche come quella del Green Governor 7, a dispetto della loro fede e appartenenza politica, hanno deciso di mettere in atto politiche ecosostenibili, si può affermare che la green revolution è certamente in atto, anche se forse appena agli inizi. Stiamo effettivamente vivendo una fase di green growth tanto auspicata da Mr Cameron, membro del Partito Conservatore britannico che voleva vedere una combinazione di crescita economica strettamente legata a un ambiente sostenibile 8. Nell’ambito di questa vera e propria greeness, concetto astratto che si riferisce all’‘essere verdi’, occorre inserire anche il mercato finanziario, che non è rimasto affatto immune da nuove terminologie legate alla New Green Economy. Se da una parte, infatti, alcune grosse aziende in campo tecnologico hanno creato i nuovi Green Patent o Eco-Patent, ‘brevetti ecologici’ da condividere con altre aziende in eco-sharing 9, sotto un altro punto di vista, intraprendere la strada dell’ecologia può essere una forma di investimento finanziario e di arricchimento aziendale. Le aziende possono tentare una green recovery mediante programmi di investimento per una ‘ripresa aziendale’ avente effetti anche sul miglioramento ambientale a livello globale. Tali programmi, investendo persino in aziende in crisi, possono, rilanciando le aziende stesse, creare nuovi posti di lavoro e nel contempo contribuire a creare una economia con minori livelli di emissioni nocive per l’ambiente 10. Entra a tal punto in gioco il campo della finanza. I green investor sono coloro che con investimenti finanziari si lanciano in nuovi programmi aziendali per il raggiungimento di green target. Si parla allora di Sustainable Banking, servizi bancari volti a investimenti in attività connesse a problematiche sociali e ambientali. Nel 2005, ad esempio, il Financial Times ha promosso il Sustainable Banking Award, premio destinato alle ‘banche sostenibili’ che si impegnano con investimenti in problematiche sociali e ambientali. O ancora, si parla di Carbon Finance (anche nel linguaggio finanziario italiano viene usata la dicitura inglese), finanza legata ai mercati globali per quanto attiene le problematiche relative alle emissioni di gas serra e alle iniziative atte a ridurle o eliminarle, e spesso associata alla Sustainable Finance, ‘Finanza Sostenibile’, che promuove una sorta di investimento responsabile con la promozione di soluzioni finanziarie che concilino lo sviluppo economico e le problematiche ambientali.
Nell’ambito di questa nuova green economy si può pertanto davvero affermare che green is gold 11: intraprendere la via della green revolution può portare non soltanto a salvare l’ambiente, ma anche ad affermare e arricchire aziende e/o investitori.
L’analisi del presente articolo rimane forzatamente limitata per ragioni di spazio. Sebbene un approfondimento in tal senso sia per ora rimandato, molti sarebbero ancora i campi di analisi terminologica da esplorare. Tuttavia, anche esaminando il solo impiego dell’aggettivo green a formare sostantivi e verbi, è già possibile affermare che la ricchezza terminologica offerta dalla plasmabilità della lingua inglese rende la vastità del cambiamento comportato dalla New Green Economy in ogni aspetto della vita quotidiana. Pertanto, let’s think and behave green: going green is now a must.
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1 http://www.thefreedictionary.com/green.
2 Un credito “verde” equivale a 1 megawatt di elettricità prodotta ricorrendo a ‘fonti rinnovabili’, renewable energy sources; http://en.wikipedia.org/wiki/Green_certificate.
3 Per la gioia di noi traduttori, numerosissime sono le nuove professioni e le nuove cariche. Qualche esempio: Climatic Engineer, Climate Change Consultant and Manager, Climate Change and Air Quality Strategy Manager, Climate Change and CDM (Climate Development Mechanism), Climate change and Energy (Program) Manager, Climate Change and Environment Manager, Climate Change and Investment Manager, Climate Change and Land Manager, Climate Change and Performance Manager, Climate Change and Renewable Energy Manager, Climate Change and Renewables Technical Manager, Climate Change Strategy and Project Manager, Climate change and Sustainability Manager, Climate Change and Transportation Manager, Climate Change and Wildlife Manager, ecc.
4 www.ethicalcareers.org; Simon Birch, “Join in the Green Team Dream”, Guardian, Saturday 14th June 2003, http://www.guardian.co.uk/education/2003/jun/14/students.schools.
5 Grist, “Obama’s potential green team”, Guardian, 30 October 2008, http://www.guardian.co.uk/environment/2008/oct/30/network.
6 "Serbatoio di idee. Commissione di esperti, specialisti, consulenti che operano in diversi settori e in particolare anche in quello militare con lo scopo di elaborare progetti, strategie e sviluppare studi del settore", in Distante A., English throughout the international relations, security and defence framework, Europa 2010 - Centro Studi e Formazione, Roma, 2007.
7 Si tratta di Arnold Schwarzenegger, che nella sua carriera di attore si è creato uno stereotipo decisamente lontano da qualsiasi forma di comportamento “eco-virtuoso”. Di appartenenza repubblicana, ha per primo introdotto politiche a favore dell'ambiente in California, quando ancora negli USA G. W. Bush aveva preso le distanze dal Protocollo di Kyoto precedentemente sottoscritto dal suo predecessore W. J. Clinton.
8 “Cameron vows 'green revolution'”, http://news.bbc.co.uk/1/hi/uk/4917516.stm.
9 “A group of technology companies are to share some of their patents in order to encourage the development of environmentally friendly-technologies. IBM, Nokia, Sony and Pitney-Bowes have donated to the Eco-Patent Commons (EPC), and in return patents are freely usable by other companies who add their own patents to the EPC. Contrary to general industry practise, IBM, Nokia, Pitney-Bowes and Sony are cross-sharing technology patents that benefit the environment. Thirty one of their patents are being placed in an open source-style public domain, administered by the Geneva-based World Business Council for Sustainable Development, a CEO-led, global association of some 200 companies dealing exclusively with business and sustainable development.” Chris Mellor, “Green Patents go open source”, Technoworld, 14 January 2008.
10 John Podesta, “Green Recovery – A New Program to create Good Jobs and Start Building a Low-Carbon Economy”, Center for American Progress, 9 September 2008.
11 Carson P. Green is Gold: Business talking to business about the environmental revolution, HarperCollins Canada / Business, 1991.
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