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International Human Rights and Humanitarian Law: commento, analisi e strategie traduttive

 
     
 

Francesco Foresta, traduttore freelance

 
     
     
 

Questo articolo è il prodotto finale e punto di arrivo di una lunga riflessione iniziata due anni fa durante un periodo di sei mesi trascorso a Gjovik, in Norvegia, nell’ambito del progetto Leonardo da Vinci ECSNOVI (Esperti in Cooperazione, Sociale, No-Profit e Volontariato a livello Internazionale). Durante tale soggiorno, ho avuto modo di verificare in prima persona che la tutela dei diritti umani investe tutte le sfere della vita quotidiana e professionale di quella società.

 

            Il tema dei diritti umani è al centro dell’agenda politica globale almeno dal 1948, anno in cui la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, sanciva che ogni essere umano doveva godere di diritti inviolabili di protezione della propria persona, per il semplice fatto di essere tale, “senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di ordine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione” 1.

 

            I Diritti Umani stanno conquistando un ruolo di primo piano soprattutto grazie al continuo progresso di organizzazioni quali ad esempio: l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa, l’Unione Europea che hanno prodotto importanti Dichiarazioni, Convenzioni e Trattati, in particolare sulla tutela internazionale dei diritti umani, e che continuano a seguirne attentamente l’applicazione attraverso Risoluzioni, Direttive, Raccomandazioni e sottoponendo le controversie alle giurisdizioni competenti internazionali.

 

            La scelta di redigere un articolo sui diritti umani è stata motivata innanzitutto dall’attualità dell’argomento. Ho preso in esame questa nuova disciplina con l’auspicio di avviare una riflessione su due campi giuridici largamente dibattuti e oggetto di studio all’interno delle organizzazioni internazionali: Diritti Umani e Diritto Umanitario, le cui differenze sono a pochi conosciute. Sotto il profilo giuridico, per diritti umani s’intende un insieme di diritti che consuetudine e trattati internazionali attribuiscono in linea di principio a ogni persona, indipendentemente dalla cittadinanza, dal sesso, dalla religione, dalla condizione sociale e da altri fattori discriminanti. Per diritto umanitario s’intende, invece, l’insieme delle norme consuetudinarie e convenzionali tese a definire regole in tempo di conflitto armato per la protezione sia dei combattenti prigionieri e feriti sia delle persone che non prendono parte alle ostilità, e a porre limiti all’impiego di mezzi e metodi di guerra.

 

            A seguito di un progetto di traduzione giuridica, il testo che ho scelto quale oggetto della mia analisi traduttologica è stato International Human Rights and Humanitarian Law: Treaties, Cases and Analysis, manuale di diritto internazionale scritto da F. Forrest Martin, un illustre accademico dell’Università canadese McGill.

 

            Prima di evidenziarne i contenuti linguistici, vorrei sottolineare che tradurre un testo, tecnico-scientifico o letterario che sia, si rivela quasi sempre un compito difficile se non impossibile, dal momento che, nel passaggio da un testo di partenza (TP) a un testo di arrivo (TA), non si realizza mai una piena equivalenza semantica. Una traduzione, dunque, non è solo un passaggio tra due lingue, ma anche e soprattutto tra due culture. Le difficoltà della traduzione risiedono proprio in quel suo essere ponte e tramite, tra diversi sistemi non solo linguistici, ma anche sociali, politici, culturali.

 

            Umberto Eco nel suo Dire quasi la stessa cosa 2 affronta il problema della traduzione analizzando proprio le difficoltà di rendere uno stesso messaggio in un’altra lingua: “Dunque, tradurre vuol dire capire il sistema interno di una lingua e la struttura di un testo dato in quella lingua e costruire un doppio del sistema testuale che, sotto una certa descrizione, possa produrre effetti analoghi nel lettore, sia sul piano semantico e sintattico, che su quello stilistico, metrico, fonosimbolico, e quanto agli effetti passionali a cui il testo fonte tendeva” 3.

E ancora, Eco si sofferma sul concetto di fedeltà: “Il concetto di fedeltà ha a che fare con la persuasione che la traduzione sia una delle forme dell’interpretazione e che debba sempre mirare, sia pure partendo dalla sensibilità e dalle culture del lettore, a ritrovare non dico l’intenzione dell’autore, ma l’intenzione del testo, quello che il testo dice o suggerisce in rapporto alla lingua in cui è espresso e al contesto culturale in cui è nato” 4.

 

            Da una parte, dunque, c’è il testo di partenza, con tutta la cultura che porta con sé, dall’altra c’è il testo di arrivo, con la sua cultura e le aspettative dei suoi lettori. Il traduttore si pone come negoziatore tra queste due parti, con il difficile compito di favorire l’evoluzione delle letterature nazionali e la comunicazione tra le culture. D’altra parte, il traduttore deve ridursi “come una parete di cristallo che lascia vedere senza deformazioni ciò che sta dall’altra parte, ma che con il suo spessore mantiene separati gli ambienti” 5.

Il traduttore, in pratica, deve quasi mimetizzarsi rispetto allo scrittore, come se fosse un attore che interpreta un ruolo già scritto.

 

Strategie traduttive

 

            Nel mio approccio alla traduzione, ho trattato il testo di partenza in modo che la versione nella lingua di arrivo corrispondesse alla versione in lingua di partenza. Si è trattato per lo più di problemi linguistici che ho risolto ricorrendo ai due principali metodi traduttivi in uso: la traduzione letterale e la parafrasi. Con la traduzione letterale 6 s’intende veicolare nella lingua di arrivo il significato del testo di partenza nel modo più diretto possibile, ossia mantenendo gli stessi componenti fondamentali del testo di partenza, e adattandone le strutture sintattiche e lessicali alle norme grammaticali e alle convenzioni stilistiche della lingua/cultura d’arrivo. Vediamone un esempio:

 

The Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women was adopted in 1979 and entered into force in 1981. The Optional Protocol was adopted in 1999 and entered into force in 2000.

(La Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne fu approvata nel 1979 ed è entrata in vigore nel 1981. Il protocollo facoltativo fu adottato nel 1999 ed è entrato in vigore nel 2000.)

 

            Quando non utilizzata come strategia “di sicurezza” a cui ricorrere per non sbagliare, la traduzione letterale è tuttavia un metodo traduttivo fondamentale che può rimanere virtuale nella mente del traduttore nel suo percorso in direzione della versione finale, oppure a cui può ricorrere concretamente se non altro per redigere una prima versione provvisoria (orientata al testo di partenza) di quella che sarà la traduzione definitiva (orientata alla cultura d’arrivo).

 

Reiterazione lessicale inglese vs. variazione lessicale italiana

 

            Inoltre, è ben nota la tendenza dell’italiano a privilegiare la variazione lessicale per esprimere conferenza e a evitare le ripetizioni, a fronte di una preferenza dell’inglese nei confronti della reiterazione dello stesso termine o della stessa espressione, anche a breve distanza in un testo, per motivi di univocità referenziale e chiarezza espositiva. Vediamo, pertanto, un esempio di ripetizione nel testo originale inglese mantenuta anche nella traduzione, in quanto grazie alla standardizzazione del linguaggio giuridico è possibile ricorrere alla reiterazione:

 

A material breach of a bilateral treaty by one of the parties entitles the other to invoke the breach as a ground for terminating the treaty or suspending it, operation in whole or in part;

A material breach of a multilateral treaty by one of the parties entitles the other parties by unanimous agreement to suspend the operation of the treaty, in whole or in part or to terminate it either;

A party specially affected by the breach to invoke it as a ground for suspending the operation of the treaty in whole or in part in the relations between itself and the defaulting State;

Any party other than the defaulting State to invoke the breach as a ground for suspending the operation of the treaty in whole or in part.

 

Segue la traduzione in italiano:

Una violazione sostanziale di un trattato bilaterale ad opera di una delle parti legittima l’altra ad invocare la violazione come motivo di estinzione del trattato o di sospensione totale o parziale della sua applicazione;

Una violazione sostanziale di un trattato multilaterale ad opera di una delle parti legittima le altre parti, operanti di comune accordo, a sospendere totalmente o parzialmente l’applicazione del trattato o a considerarlo estinto;

Una parte colpita in modo particolare dalla violazione a invocare quest’ultima come motivo di sospensione totale o parziale dell'applicazione del trattato nei suoi rapporti con lo Stato autore della violazione;

Qualsiasi altra parte diversa dallo Stato autore della violazione a invocare quest’ultima come motivo di sospensione totale o parziale dell'applicazione del trattato.

 

Stile nominale

 

            Un’altra peculiarità riscontrata nel testo in esame è l’utilizzo frequente dello stile nominale o nominalizzazione consistente nel ricorso all’uso di un sostantivo piuttosto che a un verbo per esprimere concetti riferentisi ad azioni o procedimenti. Questa preferenza nell’uso della nominalizzazione porta come conseguenza una più alta densità nominale nei testi inglesi, ma anche italiani, visto che tale procedura è largamente in uso anche nella lingua italiana. Di seguito un esempio:

 

Further contributing to the unfortunate use of the word “international law” is that the word “nation” has become conflated with the meaning of “state,” suggesting falsely that international law does not protect and impose duties on a state’s own nationals.

(Un ulteriore contributo a un uso improprio dell’espressione “diritto internazionale” scaturisce dal fatto che il termine “nazione” è di solito confuso con il significato di “stato”, lasciando intendere erroneamente che il diritto internazionale non tutela, ma impone doveri ai cittadini di uno Stato.)

 

 

Sistema verbale

 

            Nel testo predominano i tempi dell’indicativo, “modo della realtà, della certezza, della constatazione e dell’esposizione obiettiva o presentata come tale” 7. Il tempo utilizzato con maggior frequenza risulta essere il presente, in virtù della sua straordinaria flessibilità e polivalenza. L’autore fa largo uso del presente indicativo:

 

            The CESCR (Committee on Economic, Social, and Cultural Rights) meets twice yearly, and also issues general comments.

(Il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali si riunisce due volte l’anno ed emana commenti generali.)

 

            The fourth Protocol guarantees freedom of movement, prohibits imprisonment for civil debts, and guarantees the right to enter and remain in one’s country.

(Il quarto protocollo garantisce libertà di movimento, vieta la reclusione per debito civile e garantisce il diritto d’ingresso e di soggiorno.)

 

            Non mancano, tuttavia, casi in cui l’autore preferisce utilizzare il passato semplice, conferendo così un’aura di maggior letterarietà al testo:

 

States began to adopt the practice of outlawing the trafficking of slaves;

(Gli stati cominciarono ad adottare la prassi di dichiarare illegale il traffico degli schiavi;)

 

The US Government interned Japanese Americans in concentration camps.

(Il governo americano internò gli americani di origine giapponese in campi di concentramento.)

 

 

 

Acronimi

 

            Inoltre, peculiarità del testo in esame e del linguaggio giuridico in particolare è l’uso frequente di abbreviazioni, sigle o acronimi.

Gli acronimi sono detti più comunemente sigle e indicano prevalentemente enti, istituti, organizzazioni. Alcuni esempi:

CAT – Committee Against Torture

CEDAW – Committee to Eliminate Discrimination Against Women

CERD – Committee on the Elimination of Racial Discrimination

 

            In sede di traduzione, ho cercato di rimanere fedele allo stile e all’espressività del testo di partenza, laddove tale fedeltà non inficiasse, beninteso, la scorrevolezza della lettura e la chiara comprensione del testo stesso. In definitiva, ho adottato un metodo traduttivo che consentisse di rispettare l’esatto significato contestuale dell’originale (traduzione semantica), ma che non trascurasse di riprodurre nel migliore dei modi l’effetto dell’originale. In corso di traduzione, sono state pertanto applicate diverse microstrategie traduttive; proprio su queste è incentrato il presente commento, che esplora a vari livelli (morfosintattico, lessicale, stilistico e interpuntivo) le procedure adottate.

 

            In realtà, separare i due approcci traduttivi (semantico e comunicativo) sarebbe impensabile, giacché “non esiste un unico metodo, comunicativo o semantico, per tradurre un testo” 8, ma si tratta, in effetti, di due serie di metodi in larga misura sovrapposti 9.

 

            Concludendo, alla luce di quanto detto, desidero in primo luogo sottolineare che ho trovato questa esperienza appassionante e alquanto impegnativa, e mi sono reso conto che il lavoro del traduttore riveste un’importanza fondamentale affinché nell’opera tradotta i lettori della lingua di destinazione ritrovino il più possibile lo stile, il significato e l’afflato dell’autore.

 

 

 

 

 

 

Bibliografia


Cassese, A., I diritti umani nel mondo contemporaneo, Laterza, Bari, 1994.

Distante, A., English throughout the International Relations, Security and Defence Framework, Europa2010 editore, Roma, 2007.

Eco, U., Dire quasi la stessa cosa - Esperienze di traduzione, Bompiani, 2003.

Forrest F., M., Schnably, S., Wilson R., International Human Rights and Humanitarian Law: Treaties, Cases, and Analysis, Cambridge University Press, 2006.

Osimo, B., Manuale del traduttore, Hoepli, Milano, 2002.

 

 

 

Sitografia

 

www.britannica.com

www.demauroparavia.it

www.dictionary.cambridge.org

www.dictionary.law.com

www.m-w.com

www.overlex.com

 

 

 
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1  Art. 1 Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 10 dicembre 1948.

2  U. Eco, Dire quasi la stessa cosa, Bompiani, Milano, 2003.

3  Ibid. p. 16.

4  Ibid.

5  B. Terracini, Il problema della traduzione, cit., p. 23 da A. Niero, Una incognita di Evgenij Zamjatin: problemi di traduzione, Serra e Riva, Milano, 2001, p. 44.

6  Federica Scarpa, La Traduzione Specialistica, Lingue Speciali e Mediazione Linguistica, editore Ulrico Hoepli, Milano, 2001.

7   Dardano M., I linguaggi scientifici, in Serianni L., Trifone P. (a cura di), Storia della lingua italiana, vol. 2, Torino, 1994.

8  Newmark P., La traduzione: problemi e metodi, Garzanti, Milano, 1998, p. 44.

9  Ibidem, p. 45.

 
     
 
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