Questo articolo è il
prodotto finale e punto di arrivo di una lunga riflessione iniziata due anni fa
durante un periodo di sei mesi trascorso a Gjovik, in Norvegia, nell’ambito del
progetto Leonardo da Vinci ECSNOVI (Esperti in Cooperazione, Sociale, No-Profit
e Volontariato a livello Internazionale). Durante tale soggiorno, ho avuto modo
di verificare in prima persona che la tutela dei diritti umani investe tutte le
sfere della vita quotidiana e professionale di quella società.
Il tema dei diritti umani è
al centro dell’agenda politica globale almeno dal 1948, anno in cui
la Dichiarazione Universale
dei Diritti dell’Uomo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
sanciva che ogni essere umano doveva godere di diritti inviolabili di protezione
della propria persona, per il semplice fatto di essere tale, “senza distinzione
alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di
opinione politica o di altro genere, di ordine nazionale o sociale, di
ricchezza, di nascita o di altra condizione” 1.
I Diritti Umani stanno
conquistando un ruolo di primo piano soprattutto grazie al continuo progresso di
organizzazioni quali ad esempio: l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il
Consiglio d’Europa, l’Unione Europea che hanno prodotto importanti
Dichiarazioni, Convenzioni e Trattati, in particolare sulla tutela
internazionale dei diritti umani, e che continuano a seguirne attentamente
l’applicazione attraverso Risoluzioni, Direttive, Raccomandazioni e sottoponendo
le controversie alle giurisdizioni competenti internazionali.
La scelta di redigere un
articolo sui diritti umani è stata motivata innanzitutto dall’attualità
dell’argomento. Ho preso in esame questa nuova disciplina con l’auspicio di
avviare una riflessione su due campi giuridici largamente dibattuti e oggetto di
studio all’interno delle organizzazioni internazionali: Diritti Umani e Diritto
Umanitario, le cui differenze sono a pochi conosciute. Sotto il profilo
giuridico, per diritti umani s’intende un insieme di diritti che consuetudine e
trattati internazionali attribuiscono in linea di principio a ogni persona,
indipendentemente dalla cittadinanza, dal sesso, dalla religione, dalla
condizione sociale e da altri fattori discriminanti. Per diritto umanitario
s’intende, invece, l’insieme delle norme consuetudinarie e convenzionali tese a
definire regole in tempo di conflitto armato per la protezione sia dei
combattenti prigionieri e feriti sia delle persone che non prendono parte alle
ostilità, e a porre limiti all’impiego di mezzi e metodi di guerra.
A seguito di un progetto di
traduzione giuridica, il testo che ho scelto quale oggetto della mia analisi
traduttologica è stato International Human
Rights and Humanitarian Law: Treaties, Cases and Analysis, manuale di
diritto internazionale scritto da F. Forrest Martin, un illustre accademico
dell’Università canadese McGill.
Prima di
evidenziarne i contenuti linguistici, vorrei sottolineare che tradurre un testo,
tecnico-scientifico o letterario che sia, si rivela quasi sempre un compito
difficile se non impossibile, dal momento che, nel passaggio da un testo di
partenza (TP) a un testo di arrivo (TA), non si realizza mai una piena
equivalenza semantica. Una traduzione, dunque, non è solo un passaggio tra due
lingue, ma anche e soprattutto tra due culture. Le difficoltà della traduzione
risiedono proprio in quel suo essere ponte e tramite, tra diversi sistemi non
solo linguistici, ma anche sociali, politici, culturali.
Umberto Eco nel suo Dire quasi la
stessa cosa 2 affronta il problema della traduzione
analizzando proprio le difficoltà di rendere uno stesso messaggio in un’altra
lingua: “Dunque, tradurre vuol dire capire il sistema interno di una lingua e la
struttura di un testo dato in quella lingua e costruire un doppio del sistema
testuale che, sotto una certa descrizione, possa produrre effetti analoghi nel
lettore, sia sul piano semantico e sintattico, che su quello stilistico,
metrico, fonosimbolico, e quanto agli effetti passionali a cui il testo fonte
tendeva” 3.
E ancora, Eco si sofferma sul concetto di fedeltà: “Il concetto di fedeltà ha a
che fare con la persuasione che la traduzione sia una delle forme
dell’interpretazione e che debba sempre mirare, sia pure partendo dalla
sensibilità e dalle culture del lettore, a ritrovare non dico l’intenzione
dell’autore, ma l’intenzione del testo, quello che il testo dice o suggerisce in
rapporto alla lingua in cui è espresso e al contesto culturale in cui è nato” 4.
Da una parte, dunque, c’è il testo di partenza, con tutta la cultura che
porta con sé, dall’altra c’è il testo di arrivo, con la sua cultura e le
aspettative dei suoi lettori. Il traduttore si pone come negoziatore tra queste
due parti, con il difficile compito di favorire l’evoluzione delle letterature
nazionali e la comunicazione tra le culture. D’altra parte, il traduttore deve
ridursi “come una parete di cristallo che lascia vedere senza deformazioni ciò
che sta dall’altra parte, ma che con il suo spessore mantiene separati gli
ambienti” 5.
Il traduttore, in pratica, deve quasi mimetizzarsi rispetto allo scrittore, come
se fosse un attore che interpreta un ruolo già scritto.
Strategie traduttive
Nel mio approccio alla traduzione, ho trattato il testo di partenza in
modo che la versione nella lingua di arrivo corrispondesse alla versione in
lingua di partenza. Si è trattato per lo più di problemi linguistici che ho
risolto ricorrendo ai due principali metodi traduttivi in uso: la traduzione
letterale e la parafrasi. Con la traduzione letterale 6 s’intende veicolare nella lingua di
arrivo il significato del testo di partenza nel modo più diretto possibile,
ossia mantenendo gli stessi componenti fondamentali del testo di partenza, e
adattandone le strutture sintattiche e lessicali alle norme grammaticali e alle
convenzioni stilistiche della lingua/cultura d’arrivo. Vediamone un esempio:
The Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women was adopted in
1979 and entered into force in 1981. The Optional Protocol was adopted in 1999
and entered into force in 2000.
(La Convenzione
sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne fu approvata
nel 1979 ed è entrata in vigore nel 1981. Il protocollo facoltativo fu adottato
nel 1999 ed è entrato in vigore nel 2000.)
Quando non utilizzata come strategia “di sicurezza” a cui ricorrere per
non sbagliare, la traduzione letterale è tuttavia un metodo traduttivo
fondamentale che può rimanere virtuale nella mente del traduttore nel suo
percorso in direzione della versione finale, oppure a cui può ricorrere
concretamente se non altro per redigere una prima versione provvisoria
(orientata al testo di partenza) di quella che sarà la traduzione definitiva
(orientata alla cultura d’arrivo).
Reiterazione
lessicale inglese vs. variazione lessicale italiana
Inoltre, è ben nota la tendenza dell’italiano a privilegiare la
variazione lessicale per esprimere conferenza e a evitare le ripetizioni, a
fronte di una preferenza dell’inglese nei confronti della reiterazione dello
stesso termine o della stessa espressione, anche a breve distanza in un testo,
per motivi di univocità referenziale e chiarezza espositiva. Vediamo, pertanto,
un esempio di ripetizione nel testo originale inglese mantenuta anche nella
traduzione, in quanto grazie alla standardizzazione del linguaggio giuridico è
possibile ricorrere alla reiterazione:
A material breach of a bilateral treaty by one of the parties entitles the other to invoke the breach as a
ground for terminating the treaty or suspending it, operation in whole or in
part;
A material breach of a multilateral treaty by one of the parties entitles the other parties by unanimous
agreement to suspend the operation of the treaty, in whole or in part or to
terminate it either;
A party specially affected by the breach to invoke it as a ground for suspending the operation of
the treaty in whole or in part in the relations between itself and the
defaulting State;
Any party other than the defaulting State to invoke the breach as a ground for suspending the
operation of the treaty in whole or in part.
Segue la traduzione in italiano:
Una violazione sostanziale di un trattato bilaterale ad opera di una delle parti
legittima l’altra ad invocare la violazione come motivo di estinzione del
trattato o di sospensione totale o parziale della sua applicazione;
Una violazione sostanziale di un trattato multilaterale ad opera di una delle
parti legittima le altre parti, operanti di comune accordo, a sospendere
totalmente o parzialmente l’applicazione del trattato o a considerarlo estinto;
Una parte colpita in modo particolare dalla violazione a invocare quest’ultima
come motivo di sospensione totale o parziale dell'applicazione del trattato nei
suoi rapporti con lo Stato autore della violazione;
Qualsiasi altra parte diversa dallo
Stato autore della violazione a invocare quest’ultima come motivo di sospensione
totale o parziale dell'applicazione del trattato.
Stile nominale
Un’altra peculiarità riscontrata nel testo in esame è l’utilizzo
frequente dello stile nominale o nominalizzazione consistente nel ricorso all’uso di un
sostantivo piuttosto che a un verbo per esprimere concetti riferentisi ad azioni
o procedimenti. Questa preferenza nell’uso della nominalizzazione porta come
conseguenza una più alta densità nominale nei testi inglesi, ma anche italiani,
visto che tale procedura è largamente in uso anche nella lingua italiana.
Di seguito un esempio:
Further contributing to the unfortunate use of the word
“international law” is that the word “nation” has become conflated with the
meaning of “state,” suggesting falsely that international law does not protect
and impose duties on a state’s own nationals.
(Un ulteriore
contributo a un uso improprio dell’espressione “diritto internazionale”
scaturisce dal fatto che il termine “nazione” è di solito confuso con il
significato di “stato”, lasciando intendere erroneamente che il diritto
internazionale non tutela, ma impone doveri ai cittadini di uno Stato.)
Sistema verbale
Nel testo predominano i
tempi dell’indicativo, “modo della realtà, della certezza, della constatazione e
dell’esposizione obiettiva o presentata come tale” 7.
Il tempo utilizzato con maggior frequenza risulta essere il presente, in virtù
della sua straordinaria flessibilità e polivalenza.
L’autore fa largo uso del presente indicativo:
The CESCR (Committee on Economic, Social, and Cultural Rights) meets twice yearly, and
also issues general comments.
(Il Comitato sui
diritti economici, sociali e culturali si riunisce due volte l’anno ed emana
commenti generali.)
The fourth Protocol guarantees freedom of movement, prohibits imprisonment for civil debts, and
guarantees the right to enter and remain in one’s country.
(Il quarto protocollo garantisce libertà di movimento, vieta la reclusione per
debito civile e garantisce il diritto d’ingresso e di soggiorno.)
Non mancano, tuttavia, casi
in cui l’autore preferisce utilizzare il passato semplice, conferendo così
un’aura di maggior letterarietà al testo:
States began to adopt the practice of outlawing the
trafficking of slaves;
(Gli stati cominciarono
ad adottare la prassi di dichiarare illegale il traffico degli schiavi;)
The US Government interned Japanese Americans in concentration
camps.
(Il governo americano internò gli americani di origine giapponese in campi di
concentramento.)
Acronimi
Inoltre, peculiarità del testo in esame e del linguaggio giuridico in
particolare è l’uso frequente di abbreviazioni, sigle o acronimi.
Gli acronimi sono detti più comunemente sigle e indicano prevalentemente enti,
istituti, organizzazioni.
Alcuni esempi:
CAT – Committee Against
Torture
CEDAW – Committee to
Eliminate Discrimination Against Women
CERD – Committee on the
Elimination of Racial Discrimination
In sede di traduzione, ho cercato di rimanere fedele allo stile e
all’espressività del testo di partenza, laddove tale fedeltà non inficiasse,
beninteso, la scorrevolezza della lettura e la chiara comprensione del testo
stesso. In definitiva, ho adottato un metodo traduttivo che consentisse di
rispettare l’esatto significato contestuale dell’originale (traduzione
semantica), ma che non trascurasse di riprodurre nel migliore dei modi l’effetto
dell’originale. In corso di traduzione, sono state pertanto applicate diverse
microstrategie traduttive; proprio su queste è incentrato il presente commento,
che esplora a vari livelli (morfosintattico, lessicale, stilistico e
interpuntivo) le procedure adottate.
In realtà, separare i due approcci traduttivi (semantico e comunicativo)
sarebbe impensabile, giacché “non esiste un unico metodo, comunicativo o
semantico, per tradurre un testo” 8, ma si tratta, in effetti, di due serie
di metodi in larga misura sovrapposti 9.
Concludendo, alla luce di quanto detto, desidero in primo luogo sottolineare
che ho trovato questa esperienza appassionante e alquanto impegnativa, e mi sono
reso conto che il lavoro del traduttore riveste un’importanza fondamentale
affinché nell’opera tradotta i lettori della lingua di destinazione ritrovino il
più possibile lo stile, il significato e l’afflato dell’autore.
Bibliografia
Cassese, A., I diritti umani nel mondo
contemporaneo, Laterza, Bari, 1994.
Distante, A.,
English throughout the International Relations, Security and Defence Framework, Europa2010 editore, Roma, 2007.
Eco, U., Dire quasi la stessa cosa -
Esperienze di traduzione, Bompiani, 2003.
Forrest F., M., Schnably, S.,
Wilson R., International Human Rights and
Humanitarian Law: Treaties, Cases, and Analysis, Cambridge University Press, 2006.
Osimo, B., Manuale del traduttore, Hoepli, Milano, 2002.
Sitografia
www.britannica.com
www.demauroparavia.it
www.dictionary.cambridge.org
www.dictionary.law.com
www.m-w.com
www.overlex.com