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Nel panorama della traduzione e in particolare della lessicografia, ho avuto
l’opportunità e il privilegio di incontrare il Dott. Urzì, traduttore dal 1982
presso il Parlamento Europeo ove si occupa anche di terminologia e di traduzione
assistita da computer, nonché autore del Dizionario delle Combinazioni
Lessicali. Tale opera, edita dalla casa editrice Convivium, è stata pubblicata
nel 2009 e presentata in Italia in varie sedi accademiche e di ricerca nel corso
del 2010. Si tratta di uno strumento molto utile, per certi versi
indispensabile, per traduttori e studiosi della lingua italiana, ma anche per
chi impiega la lingua scritta per operare nel proprio settore professionale e
per chi, ancora nelle sedi scolastiche o universitarie, si prepara ad affrontare
le sfide del mondo del lavoro. Chi fosse interessato può reperire ulteriori informazioni sul Dizionario direttamente sul sito
www.combinazioni-lessicali.com, dove è possibile anche
consultare un ampio estratto
dell’opera.
L’idea di porre alcuni quesiti a un esperto dalla lunga e prestigiosa carriera
nasce con lo scopo precipuo di
condividere alcuni utili spunti di riflessione nell’ambito della traduzione,
della terminologia, della lessicografia, e non ultimo di
raccogliere alcune indicazioni, proprio
dall’autore stesso, su come utilizzare concretamente il suo Dizionario come
strumento di consultazione e di ricerca. Infine, vorrei concludere questa
intervista con un quesito riguardante le prossime sfide della traduzione nella
compagine europea. Nel ringraziare sentitamente il Dott. Urzì per la sua cortese
disponibilità nell’averci offerto queste utili e interessanti considerazioni,
procedo con le domande.
Dott. Urzì, potrebbe brevemente fornirci
un Suo giudizio sulla relazione indissolubile tra terminologia e traduzione?
Potremmo dire che, se non vi fosse bisogno
di terminologia, se non esistessero i “termini”, si potrebbe tradurre a velocità
doppia. Un traduttore professionista sa bene come trasferire con rapidità la
struttura morfo-sintattica del Testo di Partenza (TP) al Testo di Arrivo (TA),
ma la sua produttività finale sarà decisa proprio dalle tecniche sviluppate per
risolvere i problemi terminologici e dal modo in cui si serve degli strumenti di
consultazione disponibili.
Si può anche dire che la “qualità” della
traduzione trova proprio nell’accuratezza terminologica un sicuro parametro di
giudizio.
Nel novero delle discipline che
permettono un più attento e rigoroso lavoro di traduzione, come si colloca la
lessicografia e in che misura è possibile acquisire familiarità in questo campo?
Per quanto riguarda la lessicografia
monolingue, bisogna qui sfatare il mito del dizionario tradizionale come
compagno indissolubile di chi scrive per professione. Il dizionario classico può
naturalmente esserci di grande aiuto per dipanare alcuni dubbi linguistici, ma è
stato pensato soprattutto per chi usa la lingua passivamente, non per chi
produce testi: scrittori, traduttori, giornalisti o redattori occasionali. È
curioso che nella scuola italiana, l’acquisto del “dizionario di italiano” da
parte dello studente sia praticamente obbligatorio e che non si adotti anche (o
invece) un dizionario “analogico”, ossia quello che permetterebbe di trovare
parole per analogia, sinonimia, affinità, attinenza. Ad esempio, di una “nave”
si possono subito identificare le varie parti, conoscere le azioni e le persone
che tipicamente hanno a che fare con la nave e così via. Per quanto riguarda
invece la lessicografia bilingue, occorre che il traduttore sappia scegliere
bene i propri strumenti. Il difetto più comune dei dizionari bilingui è che essi
forniscono sempre la “traduzione” (intesa come il significato della parola
cercata), ma raramente il “traducente” ossia la parola che poi occorre
effettivamente utilizzare in un dato contesto. I buoni dizionari comunque non
mancano e alcuni sono (finalmente) del tutto innovativi, come Il Nuovo
Dizionario di Tedesco di Luisa Giacoma e
Susanne Kolb (Zanichelli, 2009), che propone i traducenti classificandoli
secondo le parole con cui il vocabolo cercato tipicamente si combina
(collocazioni). Per un utente non è facile orientarsi nella selva di dizionari,
monolingui e bilingui, oggi disponibili in commercio. Il miglior sistema è
andare in libreria e “testare” il dizionario di interesse dopo aver
preliminarmente raccolto una decina di parole di difficile traduzione (per i
dizionari bilingui) o di difficile definizione (per i dizionari monolingui).
Anche la lettura dell’introduzione del dizionario può dare utili indicazioni
sulla sua impostazione teorica, con la non trascurabile ricaduta di rendere più
agevole e rapida la consultazione.
Alla stregua di queste indicazioni,
possiamo allora confermare il seguente assunto: traduzione, terminologia e
lessicografia sono un trio indissolubile?
Sono un trio indissolubile nel senso che
la traduzione trova nella lessicografia e nella terminologia i due settori
portanti principali. Con specifico riferimento alla lessicografia monolingue,
direi che la “triade” ideale del traduttore è costituita dal dizionario di
collocazioni, dal dizionario analogico e dal dizionario tradizionale. Da
affiancare naturalmente a un buon dizionario bilingue.
Potrebbe dispensarci alcuni consigli per
l’utilizzo del Suo Dizionario delle Combinazioni Lessicali?
Il mio Dizionario delle Combinazioni
Lessicali (che altro non è che un
dizionario di collocazioni) è nato dalla mia pratica di traduttore per colmare
una lacuna lessicografica (lacuna da tempo colmata nella lessicografia inglese,
da sempre orientata verso le esigenze del learner). Il suo utilizzo è intuitivo, perché parte sempre da una “base” (di solito un nome)
riproducendo sul piano lessicografico il normale percorso di ricerca di una
parola, ad esempio, dal nome al verbo (acquistare la cittadinanza) o dal nome all’aggettivo (comportarsi da
perfetto gentiluomo). Inoltre, la sua
struttura grafica e lo stesso ordinamento interno delle voci sono concepiti per
velocizzare al massimo la consultazione.
Per chiudere questa nostra intervista, Le
sarei molto grata se potesse darci una Sua opinione sulle prossime e più
importanti sfide in tema di traduzione presso il Parlamento e altre sedi
istituzionali europee.
Il fatto di avere un’Unione Europea che
funziona con 23 lingue è già di per sé una sfida che è stata raccolta con
successo. Il problema è semmai diventato la gestione di questo “multilinguismo”,
soprattutto sul piano dei costi. Quello che si sta facendo è appaltare
all’esterno quote crescenti di lavoro di traduzione e, sul piano interno,
sfruttare al massimo il potenziale della “traduzione assistita da computer”
(CAT) con il sistema “Euramis”. Questo sistema permette di conservare in un
unico repository, in formato tmx e per
coppie linguistiche, tutti i testi già tradotti, per poterli poi utilizzare
successivamente in memorie di traduzione, creabili automaticamente per ogni
nuovo testo da tradurre. È poi nato recentemente presso la Commissione Europea
un progetto di traduzione automatica statistica (SMT) che rappresenta
probabilmente, nonostante lo scetticismo dei più, la nuova frontiera della
traduzione. La disponibilità di un corpus linguistico di dimensioni gigantesche
come quello dell’Unione Europea permette di avere già, almeno per alcune
combinazioni linguistiche, traduzioni automatiche per le quali i tempi di
editing sono inferiori ai tempi necessari per una traduzione “umana”. Un altro
problema dei testi comunitari (o “unionali” secondo un neologismo creato ad
hoc proprio in questi mesi) è la qualità
linguistica non sempre soddisfacente dei testi legislativi, sia originali che
tradotti, che a volte causano problemi interpretativi negli Stati nazionali che
devono applicarli. La Commissione Europea ha di recente lanciato la campagna
“Scrivere meglio” per sensibilizzare gli autori alla necessità di una maggiore
chiarezza e coesione testuale, ma a mio parere il problema affonda le sue radici
nella particolare “cultura traduttiva” che contraddistingue i servizi
linguistici dell’Unione Europea.
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